Occupazioni abusive? In Spagna c’è chi libera le case in sole 72 ore
Il fenomeno dell’occupazione abusiva non è solo italiano, e quando succede ci vuole molto tempo per riavere la propria casa. In Spagna ci sono le aziende private che le sgomberano in poco tempo. Forse con metodi poco ortodossi, ma efficaci
La piaga delle occupazioni abusive è un problema planetario. Di “furbetti” che s’insediano nelle case di altri, che non pagano nemmeno le bollette della luce e non sloggiano neanche quando è l’ufficiale giudiziario che suona il campanello,ce ne sono in tutto il mondo. Un fenomeno acuito dal coronavirus. Il legittimo proprietario si rivolge alla legge, ma c’è tanta burocrazia, ci sono tanti cavilli e lungaggini che per riavere indietro le chiavi occorre sudare le proverbiali sette camicie. O, forse, pure qualcuna in più. Se uno è fortunato, riesce a liberare l’appartamento in qualche anno.
COSA FANNO IN SPAGNA
Ma gli spagnoli si sono inventati la soluzione a questo grave problema. È El Paìs, il principale quotidiano del Paese iberico, a fare il punto con una inchiesta. Che è stata ripresa in Italia dal quotidiano Il Post. Nella penisola iberica sono le società private che si occupano di sgomberare gli abusivi. Nel 2019, cioè prima della pandemia, c’erano appena tre ditte che facevano questo “sporco” (in un certo senso) lavoro. Oggi se ne contano almeno nove. Insomma sono triplicate. Chiedono mediamente 2.500 euro a “sfratto”, e promettono di risolverti la grana, al massimo, in 72 ore. Certo, 2500 euro potrebbe sembrate tanto. Invece, a conti fatti, è una richiesta che può fare risparmiare, considerando le parcelle di avvocati che, in queste situazioni, sono costretti ad aprire un contenzioso infinito.
NON È UN MESTIERE PER TUTTI
Le “aziende dello sfratto”, giurano e spergiurano che non sono altro che semplici mediatori. Ma fra i loro addetti, come alla “Fuera Okupas”, figurano pugili e atleti di arti marziali. Oppure, come alla catalana Desokupa, improvvisati “ricattatori” minacciano di diffondere fotografie imbarazzanti sui social network. Di certo non è un mestiere per tutti, ci vuole fegato. Gli inquilini morosi, quelli che delle regole in sostanza se ne infischiano, di certo non si fanno mettere alla porta con una tazza di tè e una pacca sulle spalle. Il sito IlPost.it riporta la testimonianza di Jorge Fe, il direttore della “Fuera”, che, glissando sui particolari, ammette che in effetti i suoi dipendenti «fanno qualcosa di più che “parlare” con gli occupanti illegali. Ma, allo stesso tempo ─ chiarisce ─ che bastano un paio di visite, e gli interessati “capiscono che devono negoziare». Jorge Fe, tanto per intenderci, ha aperto la sua attività nel 2019, è tra i primi ad aver fiutato l’affare e, adesso, i suoi centralini sono sommersi di chiamate chiamate.
IN ITALIA TUTTO FERMO
Da noi, un sistema del genere è ancora fantascienza. Troppe norme, troppi pretesti. Lo insegnano alla prima lezione di Procedura civile, all’università, a Giurisprudenza: prima che uno sfratto diventi esecutivo, in Italia, cambiano almeno un paio di governi. Eppure una legge c’è, ma il diritto all’abitazione ha la precedenza e per provare che il tuo inquilino non è in regola mica basta andare in Questura e presentare gli affitti non corrisposti. Certo, parliamoci chiaro. I codici servono a tutelare anzitutto i “contraenti deboli”. Un termine di cui si usa e si abusa, ma è giusto così. Però ci sono tanti proprietari restano con un pugno di mosche in mano, e magari devono persino fare i conti con danneggiamenti e magagne mai sistemate. E pagare pure le tasse della casa occupata…