Oggi, 6 aprile, si celebra il “carbonara day”. Sui social gli influencer del food si stanno dando da fare con la ricetta tradizionale ma anche con numerose varianti. A Roma, lì dove nasce la famosa pasta alla carbonara, c’è una continua lotta tra chi preferisce il maccherone e chi invece sceglie lo spaghetto. Ma la ricetta resta sacra: guanciale, tuorlo d’uovo, pecorino, pepe.
In molti ristoranti palermitani, invece, può succedere di ordinare una carbonara e di trovarci dentro la panna da cucina. Un sacrilegio perpetrato con la scusa della “cremosità”. Una versione che può anche piacere, ma che nulla ha a che fare con il famoso primo capitolino. Tra i tanti errori “pacchiani” l’uso della pancetta al posto del guanciale; c’è chi mette olio o burro, e c’è anche chi cuoce l’uovo, ottenendo una squallida frittata di pasta.
Ci siamo fatti spiegare da chef Natale Giunta quale sia la ricetta più indicata per realizzare una buona carbonara e quali invece siano gli errori da evitare assolutamente. “Innanzitutto panna mai e pancetta mai. – Esordisce lo chef – Ciò che io faccio è uno zabaione salato. Nella mia ricetta è spiegata tutta la parte tecnica e scientifica, perché la carbonara è scienza. Ciò che conta di più è la coagulazione del tuorlo, se si riscalda troppo diventa frittata, ed è questo l’errore che spesso si fa. L’uovo si deve portare a 63 gradi mettendo il tuorlo a bagnomaria. E poi io, rispetto a quanto fanno altri colleghi, spezzo il pecorino romano con una parte di parmigiano, e il tuorlo con l’albume per fare una crema. Il principio della carbonara è avere una pasta fluida. Se non leghi bene la parte del pecorino e la parte dei tuorli e non fai la crema diventa un ‘mappazzone’“.
Il procedimento con cui si ottiene la pasta alla carbonara, come abbiamo visto, può essere soggetto anche a variazioni ed interpretazioni. Tenuto conto degli errori che non si devono mai fare, ciò che conta è ottenere un buon primo piatto che rispetti tradizione ed innovazione allo stesso tempo. A tal riguardo ecco la ricetta integrale per sei persone che propone lo Chef Natale Giunta:
Spaghetti 100 a pp
100 gr guanciale
4 tuorli d’uovo
2 uova intere
180 g di Parmigiano Reggiano.
120 g di pecorino romano
Prendiamo due uova intere e 4 tuorli d’uovo. Un tuorlo a commensale, un uovo intero per il contenitore e un uovo intero sacrificato sull’altare della scienza. Questo ci garantisce il perfetto bilanciamento tra proteine, grassi, acqua e sapore esplosivo. Le mettiamo in una bastardella e iniziamo a sbattere con una frusta. Il movimento meccanico ci dà la certezza di denaturare buona parte delle proteine. È lo stesso principio che sta alla base del tuorlo montato a neve. Una volta denaturare, le proteine si srotolano, formano il reticolo, e imprigionano l’acqua e l’aria in piccole bollicine che rimangono legate fra loro.
Aggiungo prima il pecorino e continuo a sbattere per amalgamare il tutto. Quando è ben amalgamato, aggiungo il parmigiano. Continuando a sbattere mi accorgo che non sto facendo una salsa ma una sorta di mappazzone semi solido. È assolutamente normale. Il bello viene adesso. Prendo la mia bastardella e la metto in un tegame pieno d’acqua scaldata a 90 gradi. Deve sobbollire, non serve il bollore completo. Continuo a sbattere per qualche minuto e accade una strana magia. La conalbumina inizia a coagulare. L’ovomucina mi aiuta a stabilizzare l’emulsione ma soprattuto la lecitina contenuta nei tuorli. Arriva la temperatura di fusione dei grassi del formaggio e come per incanto il mio mappazzone torna liquido. Oltre al grasso fuso, il motivo è dato proprio dall’alta presenza di grasso che in qualche modo rallenta la coagulazione delle proteine. Non demordo e vado avanti. Continuo a sbattere per emulsionare e intrappolare quanto più aria possibile, voglio che la mia salsa sia spumosa e vellutata. La scaldo fino alla temperatura di coagulazione della conalbumina.
Ottengo questo risultato sbattendo il mio zabaione fino a quando non raggiunge la temperatura di 62°C e mezzo. Quindi tolgo dal fuoco e faccio intiepidire, sempre sbattendo e girando. Quando scende sotto i 60°C rimetto sul fuoco e ripeto l’operazione. Faccio questa procedura per 5 volte, stando attento a non superare mai i 63°C. Dopo la quinta volta, prendo la mia bastardella e la immergo in un recipiente con acqua e ghiaccio per “bloccare” lo stato di coagulazione dello zabaione salato. Quindi taglio il mio guanciale, lo butto in padella e lo faccio diventare croccante.
Cuocio gli spaghetti e nel frattempo riscaldo una padella. Non serve che sia rovente, dev’essere ben calda per non rubare calore agli elementi che andremo a mescolare. Ricordatevi di spegnere il fuoco prima di mettere gli altri ingredienti però. Due cucchiai di zabaione salato e uno di guanciale sono la proporzione sufficiente per una singola porzione di pasta. Scoliamo senza troppi fronzoli i nostri spaghetti nella padella, aggiungiamo un paio di cucchiai di acqua di cottura e mantechiamo. Qui potete fare come vi pare. La girate, la saltate, quello che conta è che la sbattiate come si deve per far uscire l’amido della pasta e creare la salsina cremosa. Non vi fermate, se la padella è ben calda l’acqua si asciuga e l’amido viene fuori. Matematico.
Quando ottenete la consistenza che vi piace, la impiattate. Mettete gli spaghetti, mettete ancora un po’ di guanciale croccante e poi via col pepe.