Mentre le città ucraine Kiev e Kharkiv sono ancora sotto il pesante attacco russo, si attendono conferme sul nuovo round di negoziati tra Russia e Ucraina, che dovrebbero tenersi oggi. Citando una propria fonte a Mosca, lo ha scritto l’agenzia di stampa Tass. Le posizioni probabilmente saranno le stesse. Il presidente Zelensky tornerà a chiedere che Mosca fermi i bombardamenti sulle città ucraine, e ribadirà la richiesta ai Paesi della Nato di imporre una no fly zone sull’Ucraina per fermare gli aerei russi. Dal canto suo, il presidente russo Putin detterà ancora una volta le sue condizioni per far tacere le armi. Tra le richieste “la sovranità russa della Crimea e la risoluzione degli obiettivi di demilitarizzazione e denazificazione dell’Ucraina e l’assicurazione del suo status neutrale”.
Ma questa volta, in questo nuovo round, ci potrebbe essere un fatto nuovo. È scesa in campo la Cina, sorprendendo tutti. Invece di schierarsi al fianco della Russia, come si aspettava la comunità internazionale, Pechino metterà tutto il suo peso per una possibile mediazione tra Kiev e Mosca. Dall’alto della sua potenza si candida al ruolo di paciere. Alla vigilia del secondo round di negoziati tra russi e ucraini, previsto oggi, il ministro degli Esteri ucraino Dmitro Kuleba ha telefonato al suo omologo cinese, Wang Ji, chiedendogli di «usare il livello delle sue relazioni con la Russia per porre fine all’aggressione armata». Si aspetta «con impazienza una mediazione cinese per il cessate il fuoco».
Nei giorni scorsi c’era stata un primo segnale, quando la Cina si era astenuta all’Onu sulla mozione che condannava l’invasione russa. Invece di votare contro, insieme a Mosca. Ma il ministro degli esteri cinese Wang Ji è andato oltre. Ha detto che la posizione cinese è «aperta, trasparente e coerente», come «abbiamo sempre sostenuto, il rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale di tutti i Paesi». Comunque il ministro di Pechino non ha smentito la convinzione che la Russia abbia «ragionevoli motivi» di preoccuparsi per la propria sicurezza, ma ha detto di «deplorare lo scoppio del conflitto e i danni ai civili». Ha aggiunto che «la sicurezza di un Paese non può essere a scapito della sicurezza di altri». Specificando che la sicurezza regionale «non si raggiunge espandendo i blocchi militari». Un colpo alla Nato e un colpo a Putin. Ma ora, ha ribadito, la massima priorità è «alleviare la situazione, evitare che il conflitto si intensifichi o sfugga di controllo, per prevenire danni ai civili e crisi umanitarie».
Parole queste che dovrebbero fare riflettere Putin. Anche più del trattamento riservato al suo ministro degli Esteri Lavrov, che ieri, intervenuto da remoto a Ginevra alla Conferenza dell’Onu sui diritti umani, ha parlato ad una platea deserta. Perché quasi tutti i presenti sono usciti per non ascoltarlo. Putin dovrebbe accogliere la mediazione cinese. Per Mosca il supporto di questa nazione, con accordi sulle risorse e prestiti delle grandi banche cinesi sarà fondamentale, se vuole limitare i danni delle sanzioni occidentali. Potrebbero essere una ciambella di salvataggio per parare la forzata uscita da Swift, il sistema per le transazioni internazionali.