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Omicidio boss Romano allo Sperone, rinviati a giudizio padre e figlio

Due rinvii a giudizio per l’omicidio di Giancarlo Romano, boss della famiglia mafiosa dello Sperone, ucciso in una sparatoria il 26 febbraio 2024 in via XXVII Maggio. Gli imputati sono Camillo Mira e il figlio Antonio. Nel conflitto a fuoco rimase ferito Alessio Salvo Caruso, un fedelissimo di Romano. La prossima udienza è fissata per il 9 aprile.

L’avvocato dei Mira, Antonio Turrisi, aveva chiesto il rito abbreviato condizionato da una perizia balistica. L’istanza, però, fu respinta. I familiari di Romano e Caruso si sono costituiti parte civile nel processo, difesi dagli avvocati Paolo Grillo e Debora Speciale.

Scene da far west allo Sperone

Motivo della faida che ha portato allo scontro a fuoco sarebbe stato il mancato pagamento del pizzo da parte dei Mira per l’attività sulle puntate sportive clandestine. Il 26 febbraio, giorno dell’omicidio, uno dei figli di Camillo Mira, Pietro, sarebbe stato picchiato. Da lì la ricerca di vendetta da parte del padre. I fotogrammi mostrano scene quasi da film: alle 17.53 in corso dei Mille arriva la Jeep Compass da cui scendono Antonio e Camillo Mira. Caruso è fermo davanti alla porta e, capendo probabilmente l’antifona, precede il rivale sparandogli. Poi fugge, ferito dai colpi sparati contro di lui. 

Alle 18.03 è a bordo di uno scooter davanti alla rivendita di tabacchi di Romano. Con quest’ultimo, a si dirige in via XXVII Maggio. Qui la sparatoria con Romano che viene colpito mortalmente mentre Caruso ferito all’addome, dopo un intervento chirurgico è riuscito a riprendersi. Quando le forze dell’ordine hanno fermato Camillo Mira nel suo appartamento, verso le 21.40, l’uomo presentava una ferita d’arma da fuoco alla gamba sinistra e un’altra al pollice della mano sinistra. Le perquisizioni a carico dei Mira hanno permesso di ritrovare in un borsello le chiavi della Jeep e quasi 1.500 euro in contanti.

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Redazione PL