Il 6 gennaio 1980 viene ucciso a Palermo Piersanti Mattarella, Presidente della Regione Sicilia e fratello dell’attuale Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
Il governatore era uscito dalla sua abitazione di via Libertà per recarsi a messa a bordo della sua Fiat 132 insieme alla famiglia. Niente scorta. Si era appena messo al volante quando la macchina venne crivellata di colpi, uccidendolo. Impressa nella mente di tutti lo scatto di Letizia Battaglia in cui il fratello Sergio lo prende tra le sue braccia.
Inizialmente si pensò ad un attacco terroristico di matrice neofascista, ma grazie alle indagini condotte da Giovanni Falcone e ad alcune confessioni di collaboratori di giustizia il quadro si rende più chiaro: è stata Cosa Nostra. Per l’omicidio verranno condannati i boss mafiosi Salvatore Riina, Michele Greco, Bernardo Provenzano, Bernardo Brusca, Giuseppe Calò, Francesco Madonia e Nené Geraci.
Mattarella finì nel mirino dei boss mafiosi perché era scomodo alla “politica” di Cosa Nostra. Poche settimane dopo il suo insediamento, fece approvare diverse riforme che miravano alla trasparenza. Soprattutto, sul fronte degli appalti e dell’urbanistica, ambiti in cui la mafia amava dettar legge.
Per l’omicidio del Presidente della Regione Siciliana vennero sì condannati i mandanti ma non gli esecutori. A distanza di 43 anni dall’uccisione, restano tuttora fin troppe zone d’ombra. Il Presidente del Tribunale di Palermo, Antonio Balsamo, chiede che venga istituita una Commissione parlamentare d’Inchiesta per far “Piena luce sulla stagione del terrorismo mafioso”.