Ospedale Civico devastato, direttore sanitario: “Manca educazione civica”
La devastazione del pronto soccorso dell’ospedale Civico a Palermo ha riportato alla ribalta il tema sulla sicurezza degli operatori sanitari nei nosocomi italiani
L’aggressione ai metronotte e la devastazione del pronto soccorso dell’ospedale Civico di Palermo è l’ennesimo episodio che porta nuovamente alla ribalta il problema sicurezza per gli operatori sanitari. Nel dettaglio, domenica sera è giunta al nosocomio palermitano una donna in codice rosso, colta da infarto. Le sue condizioni, si sono complicate e dopo circa un’ora è morta. Alla notizia del decesso è esplosa la rabbia dei parenti che hanno distrutto la sala del pronto soccorso.
Intervistato da Palermo Live, durante la trasmissione radiofonica “Break News” su Radio Mia, il direttore sanitario dell’ospedale Civico Requirez ha commentato l’accaduto. “Così come abbiamo precisato nel comunicato dell’azienda, quanto accaduto lunedì sera dà misura del degrado sociale che stiamo vivendo. Una cosa inaccettabile. Le reazioni dei familiari devono essere assolutamente sganciate dal lavoro che svolgono gli operatori sanitari. La signora era arrivata in condizioni critiche, i medici hanno fatto tutto il possibile per salvarla. I parenti della deceduta hanno creato danno non solo all’ospedale, ma anche ai pazienti che erano in attesa in quel momento“
Serve maggiore educazione civica
“La sicurezza in materia di lavoro è un argomento serissimo. In questo caso specifico, però, noi ci dobbiamo difendere dalle reazioni dei familiari di pazienti ricoverati, un qualcosa che sicuramente non rientra tra gli argomenti di sicurezza. Credo che quello che manchi in questo caso sia una corretta educazione civile. Un errore è stato ridurre le ore a scuola di educazione civica, dove viene insegnato anche il valore del rispetto”.
Sovraffollamento ospedali: “Diverse sono le ragioni che creano caos all’interno dei pronto soccorso: arrivano codici bianchi o verdi che non dovrebbero giungere nelle zone d’urgenza, ma dovrebbero essere risolti fuori l’ospedale tramite i distretti sanitari. Il pronto soccorso è un’area d’emergenza, quindi si dovrebbe occupare solamente di casi gravi. Trovo un’omogeneità in questi episodi: riguardano la fascia culturale più debole in merito alla maturità civile che hanno reazioni che non corrispondono alle giuste linee di comportamento“.
Nel corso della trasmissione è intervenuto anche il primario del pronto soccorso dell’ospedale Civico Massimo Geraci “Quello successo al Civico domenica è inquadrabile come un grave problema di ordine pubblico che ha poco a che vedere con le criticità che riguardano le aree di emergenza su tutto il territorio nazionale, come soprattutto il sovraffollamento e carenza di personale. La donna è arrivata in codice rosse ed entrata subito in pronto soccorso. I medici hanno appurato che aveva un infarto del miocardio. Nel giro di un’ora sono peggiorate le sue condizioni, si è tentato di rianimarla ma senza successo. E’ esplosa la rabbia dei parenti alla comunicazione del decesso con conseguente devastazione dell’area antistante“.
Carenza di nuovi medici in ospedale nell’aree d’urgenza
Il pronto soccorso è da considerare un avamposto della nostra società con tutte le criticità che essa manifesta: dalle problematiche di disagio sociale, culturale, fino ad atti di violenza e criminalità. Il fatto che si verifichi in un ambiente dedicato alle cure dei cittadini piuttosto che in strada o in discoteche presupporrebbe da una parte il massimo impegno per evitare questi fatti e dall’altra massime pene per chi compie queste azioni.
In effetti qualcosa negli ultimi anni è stata fatta, ma l’impressione è che il rischio zero non esiste e che siano piuttosto necessari interventi molto più complessi e articolati che possano invertire una tendenza: ossia considerare le aree di emergenza come una camera di compensazione delle criticità che si generano all’esterno del pronto soccorso determinate in larga parte dai tagli alla sanità negli ultimi vent’anni o scelte del Governo nazionale non sempre azzeccate; ad esempio, lo scarso numero di medici specialisti d’emergenza-urgenza che oggi vengono meno che rischia di portare alla chiusura diversi pronti soccorsi.
Ci sono medici che non solo per episodi come quello di lunedì sera, non vogliono lavorare nei pronto soccorso. Quest’anno circa la metà dei posti di specializzazione per medicina d’urgenza è rimasto vuoto, questo perché i neo medici hanno preferito luoghi più tranquilli. E’ un grosso e prioritario problema“.
Pronto soccorso ospedale non è ammortizzatore sociale
Bisogna partire dalla valorizzazione del lavoro in prima linea che deve riacquisire attrattività, sia dal punto di vista contrattuale considerando che lavorare in pronto soccorso non è come lavorare negli altri reparti ospedalieri, che da quello professionale, garantendo quella formazione specifica necessaria che ha ritardato a partire in Italia. Non credo in generale agli interventi di militarizzazione nelle aree di emergenza, anche se in alcune circostanze possono essere utili. Bisogna restituire il giusto ruolo al pronto soccorso, che non è quello sicuramente di ammortizzatore sociale dove cercare di risolvere, urlando e protestando, problemi che si sarebbero dovuti risolvere altrove“.