Un paziente di 70 anni affetto da fibrillazione atriale e con insufficienza renale cronica in terapia dialitica è stato sottoposto a terapia di “chiusura auricola” sinistra da un’equipe tutta al femminile di emodinamica dell’Ospedale Ingrassia, diretta da Sergio Cannizzaro. Debora Cangemi, Marianna Rubino, Gabriella Testa, insieme all’infermiera Vanessa Milioti, hanno brillantemente eseguito l’intervento coordinati da Daniele Pieri, Antonio Rubino, Enrico Bonni e Stefano Bellanca.
“All’Ospedale Ingrassia si prosegue nell’ottica della creazione di un vero e proprio laboratorio di cardiologia interventistica e vascolare”. A sottolinearlo è il Direttore generala dell’Asp di Palermo, Daniela Faraoni. “Un laboratorio che si sta rivelando sempre più utile a soddisfare i bisogni di salute di un bacino di utenti ormai proveniente da tutta l’isola. Non sono mai stata per la difesa di genere, ma quando vedo donne che conquistano, finalmente, spazi di lavoro di grande profilo e per i quali occorre professionalità, sicurezza e coraggio, provo un grande senso di soddisfazione perché non è facile superare la diffidenza circostante. Grazie anche alle mie professioniste e a chi con intelligenza ha dato spazio”.
L’auricola è un’area dell’atrio sinistro che, per sua anatomia, favorisce il ristagno di sangue e quindi la formazione di trombi. La procedura di chiusura, che si svolge in regime di ricovero e generalmente dura non meno di 2 ore, non è dolorosa, essendo condotta in sedazione profonda con assistenza anestesiologica.
“Quando il disturbo ritmico (fibrillazione atriale, ndr) non è valvolare e il rischio di ictus è alto, si può procedere chiudendo l’auricola sinistra con un dispositivo ad hoc. Si tratta di una soluzione mininvasiva (one shot, ndr) che consente di ridurre il rischio di ictus”. Così spiega Sergio Fasullo, Direttore della UOC di Cardiologia dell’Ingrassia.
In assenza di complicanze il paziente viene dimesso il giorno dopo l’intervento. I successivi controlli prevedono una valutazione con ecocardiogramma transesofageo a 4-6 mesi dall’impianto e una successiva visita clinica.
“Il trattamento è consigliato a tutti i pazienti che non possono assumere terapia anticoagulante per la presenza di controindicazioni o hanno difficoltà nella gestione della terapia, oltre a tutti coloro che hanno avuto eventi tromboembolici, nonostante una terapia anticoagulante ottimale”.