Palermo, dottoressa del Policlinico aggredita: condannata una donna
Si è concluso con una condanna a 7 mesi di reclusione, pena sospesa, il processo a
carico di una donna accusata di minacce e lesioni personali nei confronti di una dottoressa
del Pronto soccorso del Policlinico “Paolo Giaccone” di Palermo. La sentenza è stata emessa l’11 Novembre scorso dal Tribunale di Palermo, in composizione monocratica, II sezione penale.
L’imputata è condannata anche al risarcimento dei danni da liquidarsi nella competente
sede civile e al pagamento delle spese processuali di 1950 euro oltre IVA. I fatti risalgono al 2017. L’episodio si è verificato quando la dottoressa, impegnata a prestare assistenza ai pazienti, è stata aggredita verbalmente e fisicamente dall’imputata condannata, che non voleva attendere il proprio turno per essere visitata e pretendeva di non rispettare la lista d’attesa.
L’aggressione è stata poi fermata grazie all’intervento della vigilanza interna e dei Carabinieri,
ma ha comunque causato alla dottoressa, che è assistita dall’avvocato Lorenzo Bonaventura, ferite e contusioni, oltre a un forte trauma psicologico.
La sentenza è stata emessa due giorni prima dall’approvazione in Parlamento delle misure
per contrastare la violenza sui professionisti sanitari e socio-sanitari nell’esercizio delle
loro funzioni e il danneggiamento dei beni destinati all’assistenza sanitaria. La norma
prevede l’arresto obbligatorio in flagranza e, a determinate condizioni, l’arresto in flagranza
differita.
“La condanna inflitta dal Tribunale di Palermo rappresenta un segnale importante
– commenta la Direttrice Generale del Policlinico, Maria Grazia Furnari – per riaffermare il principio del rispetto verso chi ogni giorno è in prima linea per la salute pubblica e la necessità di proteggere gli operatori sanitari che, specie nelle strutture di emergenza, ogni giorno prestano servizio in situazioni spesso stressanti e delicate. È mia determinazione tutelare i dipendenti dell’Azienda ospedaliera universitaria con tutte le misure possibili, anche attraverso una maggiore sensibilizzazione sul tema della violenza negli ospedali e potenziando la sorveglianza nelle aree più a rischio”.