Palermo, meno selfie e più sudore: ora più che mai testa bassa e pedalare
La china da risalire è dura ma non ancora impervia, a condizione che vi sia compattezza e unità di intenti tra squadra e tecnico.
Increduli, attoniti persino arrabbiati sono stati sabato pomeriggio i tifosi rosanero. Si aspettavano un squadra rigenerata dalla lunga pausa, e da un ritiro nel centro sportivo più alla avanguardia del mondo. Hanno visto un gruppo di giocatori spaesati quasi frastornati da un singolo episodio che ha deciso la partita, quell’errore di Pigliacelli troppo spesso avventuriero a giocare palla con i piedi. Se questo fosse davvero il vero volto del Palermo potremmo anche chiudere bottega. Non può essere questa la squadra pensata per disputare un campionato tranquillo. La formazione vista ieri a dirla tutta non può neanche aspirare alla salvezza. Ha perso senza attenuanti, ma quel che è peggio è che lo ha fatto senza mostrare una identità tattica, una idea di gioco e persino una voglia di azzannare gli avversari.
Palermo ancora spaesato
Il Sudtirol ha vinto e non ha rubato nulla. È venuto a Palermo per disputare una gara utilitaristica, e lo ha fatto rispettando alla lettera le indicazioni del suo allenatore. Copertura delle zone nevralgiche del campo, nessuna ricerca di fronzoli e belle giocate, difesa arcigna e centrocampo solido, queste le armi che aveva a disposizione e che ha sapientemente usato. Tutto l’opposto dei rosa, che non hanno ancora compreso cosa è la serie B. Una squadra nella quale nessuno sa dove sia il compagno, dove non esiste una verticalizzazione o una imbeccata in velocità. I pochi cross sono stati tutti indirizzati sul portiere, e i pochi servizi per le punte quasi sempre serviti spalle alla porta.
Insomma, una delle peggiori partite degli ultimi anni disputate al Barbera, incorniciata dal pubblico con impetuosi ma emblematici fischi. C’è da lavorare, e tanto, per Corini, del quale qualcuno chiede già la testa. Bisognerà iniziare da una idea di gioco e da un modulo il più possibile calzante a questi atleti, ma sarà necessario intervenire anche nella testa. In queste settimane abbiamo letto troppe dichiarazioni inneggianti alla grandiosità di un gruppo che li ha accolti nel suo seno, e abbiamo visto troppi selfie in stile campioni già affermati. È il momento di sudare, imparare a giocare insieme, e soffrire seguendo i dettami del loro allenatore, se hanno davvero voglia di essere guidati da lui.
Ora più che mai testa bassa e pedalare. La china da risalire è dura ma non ancora impervia, a condizione che vi sia compattezza e unità di intenti tra squadra e tecnico.