Cronaca di Palermo

Palermo, prelievi su conti correnti confiscati a boss: sequestro a erede di amministratore giudiziario

La Polizia di Stato di Palermo ha dato esecuzione al provvedimento emesso dal Tribunale di Palermo – Sezione Misure di Prevenzione, con il quale, ha disposto nei confronti di un erede di R. R., di 71 anni, amministratore giudiziario deceduto nel giugno del 2018, il sequestro d’urgenza, ai sensi del Codice Antimafia, di un conto corrente per un valore pari ad € 779.476,31.

L’odierno provvedimento ablativo scaturisce da una complessa attività di indagine effettuata dall’Ufficio Misure di Prevenzione patrimoniali della Divisione Anticrimine di Palermo in seguito alla richiesta di approfondimenti del locale Tribunale Sezione Misure di Prevenzione relativa alla gestione di alcuni conti correnti confiscati, con provvedimento definitivo nel 2012, nell’ambito del procedimento di prevenzione a carico dei noti mafiosi Gambino Rosario cl.42 ed Inzerillo Salvatore cl.‘44, da parte di R.R. in qualità di amministratore giudiziario a suo tempo nominato, alla luce del fatto che lo stesso era deceduto senza avere depositato il rendiconto finale delle attività.

Prelievi indebiti da conti confiscati ai boss

In particolare, dagli accertamenti espletati è emerso che il R.R., a partire dall’anno 2005 e fino al 2008, aveva effettuato una serie di indebiti prelievi di denaro, senza autorizzazione, dai suddetti conti correnti confiscati, per un valore complessivo pari ad euro 621.487,77, motivo per il quale il predetto era stato iscritto nel registro degli indagati per il reato di peculato continuato, successivamente archiviato per la morte dell’uomo.

 

L’Art 18 Antimafia prevede però che il procedimento di prevenzione può essere iniziato anche in caso di morte del soggetto nei cui confronti potrebbe essere disposta la confisca e che, in tal caso, la richiesta di applicazione della misura di prevenzione può essere proposta nei riguardi dei successori entro il termine di cinque anni dal decesso. In particolare, tali accertamenti hanno consentito di appurare che i suddetti prelievi sono stati effettuati da R.R. per scopi personali in investimenti di natura imprenditoriale nel settore vitivinicolo.

Si è proceduto quindi ad identificare e sentire a sommarie informazioni i soggetti risultati beneficiari dei pagamenti effettuati dal R.R. con i fondi confiscati i quali hanno confermato che tali dazioni di denaro erano relative a prestazioni di beni o servizi effettuati in favore dell’azienda agricola allo stesso riconducibile, sita nella provincia di Agrigento, consistenti, in particolare, nella realizzazione di una cantina vinicola nonché di un oleificio ubicati nei terreni di proprietà del medesimo e della sua famiglia d’origine.

Si è così potuto accertare che l’uomo attraverso numerose operazioni di prelievo poste in essere dai conti da lui gestiti in qualità di amministratore giudiziario, ha distratto la complessiva somma pari ad euro 621.487,77, destinandola agli investimenti nell’azienda agricola a lui riconducibile.

A un’erede dell’amministratore giudiziario le quote di maggioranza

Inoltre, grazie agli accertamenti patrimoniali è stato possibile ricostruire le operazioni che hanno portato un erede dell’amministratore giudiziario a ricevere dallo stesso, quando era ancora in vita, la titolarità della maggioranza delle quote del capitale sociale della citata azienda agricola, sita nella provincia di Agrigento che, nel frattempo, è divenuto proprietario del ramo di azienda, comprendente anche la cantina e l’oleificio, nel quale sono, pertanto, confluiti i consistenti investimenti effettuati da R.R. con le suddette modalità.

Sempre gli accertamenti patrimoniali hanno consentito di accertare che, nonostante la titolarità delle quote fosse in capo all’erede, di fatto la società è stata amministrata da R.R sino alla sua morte.

Successivamente alla morte di R.R., è emerso che l’erede, nella qualità di rappresentante legale e socio di maggioranza della predetta società, ha proceduto, nel maggio scorso, alla vendita del suddetto ramo di azienda, per un importo complessivo di € 928.000,00.

Dagli accertamenti bancari è stato possibile verificare che il prezzo della compravendita è stato accreditato su un conto corrente intestato alla predetta società, sul quale è abilitato ad operare l’erede dell’uomo. Pertanto, considerato che il ricavato di tale vendita è stato ritenuto il frutto del reimpiego del denaro illecitamente sottratto attraverso le reiterate condotte di peculato commesse da R.R. e sussistendo il concreto pericolo che lo stesso potesse essere disperso, il Tribunale di Palermo – Sezione Misure di Prevenzione ha disposto quindi il sequestro d’urgenza del saldo del suddetto conto corrente, per un valore pari ad € 779.476,31.

Il Questore di Palermo: “Amministratore giudiziario infedele”

Secondo il Questore di Palermo Laricchia: “Il sequestro patrimoniale d’urgenza che ha consentito di recuperare i soldi distolti da un amministratore infedele all’impiego a favore della comunità, costituisce un brillante risultato delle attività di monitoraggio dei patrimoni mafiosi condotta anche dopo la confisca da parte della Procura della Reppubblica e della Questura.

Questo ed altri episodi purtroppo avvenuti negli anni, confermano come l’attenzione sui patrimoni sequestrati o confiscati non possa fermarsi al provvedimento che ne dispone la confisca da parte del Tribunale delle misure di prevenzione, ma debba continuare controllando ed accertando che i beni vengano effettivamente impiegati in modo produttivo a vantaggio della comunità a cui sono stati sottratti dalla criminalità mafiosa.

Nel caso specifico i 621.487,77 euro contenuti nei conti correnti sequestrati a Rosario Gambino e Salvatore Inzerillo nel 2012 erano stati progressivamente distolti dall’amministratore giudiziario per impiegarli nell’azienda agricola personale, poi venduta dagli eredi dopo la sua morte. Fortunatamente l’alert pervenuto dal Tribunale delle misure di prevenzione a seguito di mirato controllo, ha consentito immediatamente di inoltrare allo stesso Tribunale una proposta congiunta di sequestro patrimoniale preventivo del Procuratore della Repubblica e del Questore come prevede la legge, e di recuperare a tempo di record il maltolto sequestrando il provento della vendita dell’azienda agricola ammontante a 779.476,31 euro.”.

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Redazione PL