Pandemia, il conto salato pagato dalla Sicilia: indietro di 34 anni

Ad una terra che, a prescindere dalla pandemia si trovava in grande difficoltà economica, il Covid potrebbe dare una mazzata terribile

stipendi

Lo stabilisce un’analisi della Cgia di Mestre dopo avere rielaborato o dati Istat e Prometeia: causa della pandemia la Sicilia paga un conto salatissimo. Impietosi i dati che, secondo lo studio vedono l’Isola trascinata indietro di ben 34 anni (1986), per una perdita di ricchezza senza pari in Italia, che arretra nach’essa ma di 22 anni (1998).

ECONOMIA SUL CIGLIO DI UN BURRONE

7,5 i miliardi di euro bruciati dal Covid, una cifra impressionante che potrebbe costituire la mazzata definitiva ad una economia, quella siciliana già claudicante a prescindere dello scoppio della pandemia.

SIRACUSA LA PROVINCIA PIU’ COLPITA

In termini di valore aggiunto, per la Cgia, ogni siciliano in un anno ha perso 1.307 euro (-8,4 punti): a Siracusa 1.500 euro in meno, a Ragusa 1.451 euro, a Palermo 1.355, a Catania -1.352, a Messina -1.320, a Caltanissetta 1.235, a Trapani -1.154, ad Agrigento – 1.099, a Enna -1.051 euro.

Crolla l’occupazione. La Sicilia è la quarta regione per posti di lavoro andati in fumo, con un calo del 2,9% (-39 mila posti).

Fanno peggio la Calabria, la Campania e la Valle d’Aosta.

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UNA SITUAZIONE INSOSTENIBILE

La speranza a questo punto è che si possa intervenire affinchè i commercianti isolani possano vedere salvaguardate le proprie finanze. I vari bonus promessi dallo Stato, in tal senso potranno costuire un aiuto, ma certamente non bastano per fare dormire sonni tranquilli. Tante le saracinesche che rischiano di non riaprirsi mai più una volta terminata l’emergenza. Intanto, senza soluzione di continuità, si susseguono le manifestazioni di protesta delle più disparate categorie economiche. L’auspicio è che non venga sorpassata la soglia della civiltà. Ma perchè ciò avvenga il Governo è chiamato a concretizzare il prima possibile gli aiuti promessi.