È stato inaugurato a Cinisi, in provincia di Palermo, il nuovo dipinto dell’artista palermitano Igor Scalisi Palminteri, dal titolo “Passato al sole“.
L’opera si trova in corso Umberto, all’angolo con via Papa Giovanni XXIII, nella zona del “Mulinazzo” dove, nel 1968, gli abitanti assistettero all’esproprio delle loro terre per la realizzazione della seconda pista dell’aeroporto.
Lo scalo, un tempo denominato “Punta Raisi”, è oggi intitolato alla memoria di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Con il suo dipinto su un muro di Cinisi, Igor Scalisi Palminteri – “pittore di quartiere”, come lui stesso ama definirsi – ha dato voce al trauma subito dalle famiglie private delle terre dalle quali traevano il loro sostentamento.
È stato il signor Pino Ferrara a suggerire all’artista di eternare e trasmettere la memoria dell’esproprio: lui, da bambino, quell’esperienza l’ha subita in prima persona.
“Ho accettato l’invito- racconta Igor Scalisi Palminteri – con molto piacere e senso di responsabilità”.
Per realizzare le piste, prima nel 1958 e successivamente nel 1968, le terre furono espropriate, ma l’opera non ha certo una connotazione polemica.
“La costruzione dell’aeroporto – prosegue – era probabilmente necessaria per consentire lo spostamento delle persone, e non voglio fare una disquisizione su cosa sia giusto o non lo sia”.
“Passato al sole” si lega, soprattutto, alla volontà di fare memoria e di raccontare esattamente cosa è accaduto.
” Le famiglie che possedevano quelle terre e avevano quelle case da cui traevano il sostentamento – spiega – sono state private di tutto: della loro storia, dei loro ricordi e del loro lavoro”.
Un vulnus che Igor Scalisi Palminteri ha scelto di raccontare sottolineando la forte esperienza subita dalla comunità.
Molti erano bambini all’epoca dei due espropri.
” Chi c’era e ha assistito alla realizzazione del dipinto – osserva – ha riconosciuto i volti, la casa e il pozzo che ho riprodotto”.
La storia e la memoria collettive sono dipinte su un muro, che diventa un libro.
“Passato al sole” è un titolo che evoca lo stile di vita e le tradizioni proprie dell’area in cui sorge l’aeroporto, nel periodo storico antecedente l’esproprio.
Non manca il richiamo alla nuova infrastruttura, all’epoca in corso di definizione.
“Ho preso diversi scatti e li ho messi in un’unica istantanea – spiega Igor Scalisi Palminteri – con questo colore un po’ seppiato, che rimanda al senso di un passato che non c’è più”.
Al centro del dipinto, figura una donna di cui non si vede il volto: il suo viso rappresenta l’intera comunità.
Il fulcro dell’opera è il suo braccio forte in basso, in primo piano, emblema del lavoro manuale che riempiva le giornate e la vita.
In poche parole, il senso di guadagnarsi da vivere: la donna sta preparando una conserva, il cibo, il sostentamento, una cosa ancestrale.
“Sopra, nel cielo che ho dipinto – spiega ancora l’artista – in una dimensione onirica, questo corteo con un messaggio, ‘Potere contadino’, una frase forte che richiama al senso del bisogno che avevano quelle comunità”.
C’è tutto questo e tanto altro nel muro dipinto a Cinisi.
L’opera è si è concretizzata su impulso di chi ha vissuto personalmente l’esperienza dell’esproprio delle terre del “Mulinazzo”.
Sono trascorsi oltre cinquant’anni dalla realizzazione della seconda pista.
“Una sottrazione dolorosa come fosse stato un vero e proprio scippo del tempo presente – ripercorre Pino Ferrara – una confisca atroce del tempo futuro”.
Una sorte di cinica amputazione dei destini di uomini e cose.
“Proprio come un’amputazione traumatica che lascia la percezione anomala e dolorosa – osserva – di una parte di corpo che non c’è più ma che continua illusoriamente a essere lì, esattamente nel posto che prima occupava”.
“Così è stato nella mia personale storia, il ricordo – racconta – come una dolorosa sensazione, la nostalgica persistenza di un mondo d’improvviso cancellato”.
È lo stesso Pino Ferrara a sottolineare come, nel tempo, siano stati pubblicati svariati libri sull’accaduto.
Diversi i testi che, con tanto di immagini, hanno contribuito a rievocarne la viva memoria.
“Io ero lì, ero un bambino, c’erano mio padre, mia madre, mia sorella – continua – c’erano uomini e donne e storie di vita”.
“C’era una terra – aggiunge – su cui il sacrificio seminato si misurava in gocce staccate una a una da fronti troppo impavide al sole”.
Una testimonianza preziosa, quella del signor Pino Ferrara, che esalta il lavoro quotidiano e la fatica di un’intera comunità. Gente laboriosa per la quale “il sudore era succo prezioso d’onestà e di libertà, saporito come il mare a quella terra da sempre e per sempre avvinghiato”.
La richiesta rivolta a Igor Scalisi Palminteri è nata dalla volontà di suscitare riflessioni tra chi è ancora presente e ricorda.
Ma anche e soprattutto tra le nuove generazioni, chiamate a interrogarsi nell’intimo su una storia non molto lontana.
Una storia della quale loro stesse fanno parte e che avrebbe rischiato, al netto dello strumento salvifico dell’arte, di cadere nel dimenticatoio un’altra volta.
“Nella qualità di testimone diretto dei luoghi, dei fatti e degli uomini di un passato che al sole ha regalato la sua bellezza e poi al sole ha stinto la sua stessa esistenza- conclude Pino Ferrara – ho ritenuto doveroso nei confronti dei miei genitori, dei miei parenti e dei miei amici promuovere la realizzazione di un murale dedicato a tutti”.