Lo scrutinio delle elezioni regionali in Sicilia è in corso ma per i vertici del PD il momento della resa dei conti precede i risultati ufficiali. Il primo a rassegnare le dimissioni, dopo il fallimentare esito delle parlamentari e la sconfitta di Caterina Chinnici in corsa alla presidenza della Regione Siciliana, è Rosario Filoramo, segretario provinciale del partito a Palermo.
L’esponente politico- candidato sconfitto al Senato nel Collegio plurinominale di Palermo, Trapani, Agrigento e Caltanissetta – affida a Facebook un messaggio che invita all’autocritica, rivolgendo un monito ben preciso ai dirigenti.
“Si è perso, non vi sono scuse – ammette – e inoltre abbiamo giocato una partita suicida, non tenendo nel debito conto una legge elettorale, che colpevolmente non abbiamo cambiato e che impone le alleanze nei collegi uninominali”. Un “je accuse“, quello di Rosario Filoramo, che si accompagna alla piena e lucida ammissione delle responsabilità. “Non siamo riusciti a metterci in sintonia con gli italiani – sottolinea nel giorno più amaro l’esponente politico, per lunghi anni consigliere comunale a Palermo – che ci percepiscono come il partito del potere, distaccato dai problemi reali del Paese”.
“Ma vi assicuro – precisa – che i nostri militanti sono persone perbene, vicini ai problemi dei cittadini, donne e uomini concreti”. “Bisogna trarne le conseguenze – afferma – e avviare senza traumi e lacerazioni, ma concretamente, il ricambio ai vertici e nelle politiche del PD a partire dall’Unione Provinciale che ho l’onore di guidare”.
Parola d’ordine, dunque, cambiamento. Possibilmente, radicale, almeno per qualcuno. Una necessità condivisa anche da Antonio Rubino, che fino all’agosto scorso ricopriva l’incarico di coordinatore regionale della segreteria del partito.
Incarico revocato dal segretario del PD siciliano Anthony Barbagallo, che non aveva digerito le critiche mosse dal compagno di partito durante la campagna elettorale, nell’ambito di una direzione regionale.
Proprio lui, ora, è il principale destinatario dei duri commenti degli esponenti del partito, che ne chiedono le dimissioni, congiuntamente a quelle di Enrico Letta. Se Antonio Rubino parla di “sconfitta durissima”, ancora più veementi sono le osservazioni di Carmelo Miceli, deputato nazionale uscente e in attesa di conoscere se siederà tra i banchi dell’ARS.
Per lui, si tratta della “peggiore sconfitta di sempre”.
“Mi pare, dai primi commenti -osserva – che i miei amici e i compagni del PD stiano tentando di dare ad altri la responsabilità della peggiore sconfitta di sempre”. Gli altri, ovvero Carlo Calenda, Matteo Renzi e il Movimento Cinque Stelle. “Niente di più sbagliato – indica- bisogna fare autocritica, profonda autocritica”. “Altrimenti – avverte -il PD non avrà più un briciolo di credibilità e speranza”. “Autocritica – si legge in una nota – è ciò che mi aspetto sia dal segretario nazionale Enrico Letta che dal segretario regionale Anthony Barbagallo”.
Lo spettro della sconfitta aleggiava già nel PD, ma probabilmente nessuno preconizzava un esito così sconfortante.
A rivestire il ruolo ingrato di Cassandra, nei giorni scorsi, era stato il parlamentare regionale uscente Antonello Cracolici, rinunciatario della corsa al Senato perchè in disaccordo con la scelta del partito di piazzare tra i candidati la “nordica” Annamaria Furlan nella Sicilia occidentale.
Un motivo sufficiente per invocare una resa dei conti in un partito ormai senz’anima. Di gran lunga l’analisi più lungimirante, quella di Antonello Cracolici, rivelatasi nelle ultime ore assolutamente veritiera.
Grande amarezza non solo per la “virata” a tutta destra dell’Italia, ma per i numeri che non concedono scuse nè alibi.
La sconfitta di Caterina Chinnici, in particolare, pesa come un macigno: un flop totale che le assegna il terzo posto.
Dopo Renato Schifani e Cateno De Luca, minimamente distaccata da Nuccio Di Paola. Proprio il nome del magistrato, già europarlamentare, figlia del giudice Rocco, assassinato da Cosa Nostra nel 1983, aveva scatenato una polemica tutta interna nella compagine progressista.
Era stato lo stesso Rosario Filoramo, infatti, a suggerire di non candidare più i parenti delle vittime di mafia. Una “dritta” che aveva provocato l’ira di Claudio Fava, che l’aveva bollata come “volgare” e “oscena”. E, a proposito di Caterina Chinnici, tutti concordano nell’affermare come sia stata lasciata sola in una competizione elettorale tra le più difficili della storia recente.
Intanto, anche Letta ha riconosciuto la pesante debacle. All’orizzonte, la rinuncia alla guida del PD, tuttavia non imminente.
L’attuale segretario nazionale assicura di non volersi ricandidare ma di auspicare un rinnovo del partito attraverso un cambio generazionale, “nell’interesse dell’Italia e dell’Europa”. La colpa della sonora sconfitta? Per l’ormai quasi ex segretario è da addebitare alla mancata attuazione del campo largo. “I numeri lo dimostrano – afferma – ma non è stato possibile perché alcuni interlocutori si sono sfilati”.