Peppe Nue, la voce storica della tonnara di Favignana
Cunti e cialome dell’epopea della antica struttura un tempo appartenuta alla famiglia Florio
A poche miglia dalla costa trapanese, in circa 30 minuti di piacevole traversata a bordo di uno dei tanti aliscafi che giornalmente collegano la terraferma con le isole Egadi, è possibile visitare uno dei più grandi esempi di archeologia industriale del meridione: l’ex stabilimento delle tonnare di Favignana e Formica. Perdendosi negli immensi spazi della vecchia tonnara di Favignana, accompagnati da un gruppo di giovani e professionali guide favignanesi, si ritrova un tempo perduto, una cultura del mare e del lavoro che non esiste più, ma di cui sono ancora impregnate le pareti, gli oggetti, l’aria stessa.
Si tratta della celeberrima Tonnara Florio, adesso proprietà della Regione Siciliana, che per tanti anni rappresentò la risorsa economica delle Egadi e uno dei tanti esempi dell’imprenditoria della famiglia Florio. Uno spazio di 32 mila metri quadri preso in affitto nel 1841 dai Florio e poi nel 1874, con l’acquisto delle isole e dello sfruttamento del pescato, trasformati con la costruzione dell’imponente stabilimento per la lavorazione del tonno. Una struttura allora all’avanguardia che, primo nel suo genere, sperimentò e fece divenire uno standard il metodo di conservazione del tonno sott’olio dopo la bollitura e l’inscatolamento, abbandonando la tecnica millenaria di conservazione sotto sale.
Un metodo che rese celebre la tonnara di Favignana in tutta Italia e anche oltreoceano. Anche dopo il fallimento del primo gruppo industriale siciliano, nei primi del 900, la tonnara continuò la sua produzione fino all’acquisizione da parte della famiglia Parodi che tutt’oggi detiene il marchio “Tonnare Florio”. Nel 1991 la Regione Siciliana acquisì la tonnara trasformando il vecchio stabilimento in uno straordinario esempio di archeologia industriale. Visitare la tonnara oggi è un vero e proprio tuffo nel passato, nelle nostre tradizioni marinare.
I locali sapientemente restaurati conservano ancora le imbarcazioni originali del tempo, i carrelli per il trasporto dei tonni, i grossi calderoni in metallo ancora inseriti nelle grosse caldaie con le loro ciminiere svettanti nel cielo blu di Favignana, la vecchia struttura utilizzata per appendere i tonni e dove ancora resistono brandelli di cime dell’epoca, gli strumenti dei tonnaroti, le reti, gli oggetti di devozione. E i tanti locali riconvertiti dove un sapiente lavoro di ricerca antropologica ci restituisce le voci e le immagini di chi ha vissuto quell’epopea: l’ex “stiva”, dove l’installazione “Torino” fa rivivere con videoproiezioni a figura intera dei tonnaroti e delle loro voci, i racconti della fasi di lavorazione. Oppure ancora gli ex magazzini di confezionamento dove sono esposte le latte multicolori utilizzate per l’inscatolamento. E l’Antiquarium, dove un’esposizione di reperti archeologici provenienti dai fondali delle Egadi ci mostra la storia delle antiche genti che hanno solcato questi mari.
Le ancore in piombo, le anfore, le dotazioni di bordo ci raccontano una storia affascinante e misteriosa, con un pezzo straordinario, la cosiddetta “fiasca del pellegrino”, un contenitore metallico di circa 30 centimetri a forma di bottiglia risalente al XV secolo, trovato nel 1999 nei fondali del “Bue marino” e che conteneva quello che può definirsi come il più antico vino finora mai rinvenuto allo stato liquido. Accanto all’Antiquarium, due grandi sale accolgono un vero e proprio scrigno di saperi e di storia: il Museo della Battaglia delle Egadi, inaugurato nel 2015 dal suo ideatore Sebastiano Tusa. Il Museo raccoglie in esposizione undici rostri, micidiali armi da guerra collocate sulla prua delle navi per speronare il nemico, recuperati nei fondali di Levanzo e cinque elmi in bronzo dell’esercito romano assieme ad alcune anfore recuperate nel corso delle ricerche effettuate negli ultimi anni dalla Soprintendenza del Mare e dalla fondazione americana RPM Nautical Foundation.
Un suggestivo racconto dello scontro che vide la flotta cartaginese soccombere sotto l’attacco dei romani nel 241 a. C., epilogo della Prima Guerra Punica. E ancora, in una sala attigua, una spettacolare e avvolgente proiezione su sei grandi schermi fa rivivere allo spettatore le ultime fasi della cruenta battaglia che segnò per sempre le sorti del Mediterraneo. Ma in questo suggestivo luogo, il focus principale per chi decide di toccare con mano la storia delle isole Egadi è la lavorazione del tonno e la vita dei tonnaroti. E in questo, una guida d’eccezione è l’ottantunenne Giuseppe Giangrasso, conosciuto come “Peppe Nue”, memoria storica della tonnara, adesso custode dello stabilimento, che rappresenta la tradizione orale di un tempo andato. Perdersi nei suoi racconti, ascoltando i suoi “cunti” e le sue “cialome”, i canti di lavoro con cui i pescatori della tonnara si davano il ritmo durante le diverse fasi della pesca, fa rivivere alle migliaia di visitatori che ogni anno si recano a Favignana, le atmosfere di un tempo in cui il sudore degli operai si mescolava al sale e al sangue dei tonni. Una visita quindi indispensabile se si vuole assaporare la vera anima di queste isole, paradiso di chi cerca sole e mare, ma anche e soprattutto custode di una tradizione che tanto ha contribuito a rendere la Sicilia e il lavoro dei siciliani famosi nel mondo.