I proprietari di bar e ristoranti che dal 18 maggio potranno riaprire le loro attività sono molto perplessi. Le linee guida stabilite dai tecnici e dagli esperti dell’Istituto superiore di Sanità non li convincono. Perché oltre ad organizzare i loro locali seguendo regole talvolta capestro, sono anche costretti a trasformarsi in operatori sanitari e addetti all’ordine per controllare i comportamenti dei clienti, anche quando tendono a mangiare il cibo da asporto nei pressi del locale.
Per bar e ristoranti c’è addirittura un decalogo da seguire. Lungo e complicato. Occorre privilegiare l’aria aperta piuttosto che i locali chiusi, garantire il distanziamento oltre che dei tavoli anche delle sedie, ed effettuare al termine di ogni servizio l’igienizzazione delle superfici. Inoltre evitare contenitori riutilizzabili per il sale, per l’olio e per l’aceto. Sono vietati i buffet, è da privilegiare l’utilizzo di posate monouso ed anche di menù scritti su lavagne o su fogli usa e getta. Ma queste sono solo alcune delle regole alle quali devono attenersi i ristoratori. Tutto questo quando, con certezza, ci sarà una drastica caduta di presenze di turisti, che per questo tipo di attività costituiscono una basilare opportunità.
Perché, inoltre, per quei gruppi di clienti che intendono sedersi nello stesso tavolo, anche di uno stesso nucleo familiare, c’è l’indicazione di fare compilare una autocertificazione. Inoltre per chi è in coda alla cassa o per andare al bagno, è previsto che deve indossare la mascherina e i guanti. C’è anche la raccomandazione di far pagare il conto con la carta di credito, e avere dispenser con il gel sparsi dappertutto. Tutto questo senza considerare la drastica riduzione del numero dei tavoli disponibili, conseguenza della distanza di due metri lineari in ogni direzione imposta fra tavolo e tavolo. Per la riapertura, strada in salita per ristoratori. Probabilmente fra gli esperti che si sono occupati di scrivere queste norme, non c’era nessun ristoratore o barista.