Per centinaia di parlamentari Draghi al Quirinale sarebbe una “catastrofe”
Il Parlamento teme la riffa del voto anticipato che si aprirebbe se Draghi traslocasse al Quirinale. Non solo per motivi politici, ma soprattutto economici
Sono in molti a sostenere che il premier Mario Draghi deve restare in carica fino alla fine della legislatura, cioè fino al 2023. Per motivi di opportunismo politico, stabilità, Pnrr e rapporti europei. L’Italia non è mai stata così rispettata in Europa, nel mondo e sui mercati finanziari come adesso. Merito dell’autorevolezza del Presidente del Consiglio in carica. Di sicuro sono motivazioni valide, ma la principale controindicazione all’elezione di Draghi a presidente della Repubblica è la meno politica di tutte, la più banale. Infatti buona parte del Parlamento è letteralmente terrorizzata dal rischio che deriverebbe da elezioni anticipate, quasi certe nel caso di elezione alla massima carica di Draghi. Perché è del tutto evidente che se l’attuale premier dovesse andare al Colle, tornerebbe prepotentemente in pista lo scenario del voto anticipato. Con tutti i rischi connessi. E in più c’è da mettere nel conto la scadenza del 24 settembre 2022, quella che fa scattare il diritto alla pensione per deputati e senatori di prima nomina
CON LA RIFORMA COSTITUZIOANLE PARLAMENTO RIDOTTO
Perché, con il combinato disposto dalla riforma costituzionale, in primis si deve tenere conto dello spauracchio del taglio del numero dei parlamentari. I seggi alla Camera verrebbero ridotti da 630 a 400, e quelli al Senato da 315 a 200. Certamente un bel taglio. Ma c’è da mettere nel conto anche il calo nei tellesondaggi che accusano alcuni importanti partiti. Di sicuro sarebbe una tragedia per il Movimento 5 stelle, ma ci sarebbe un netto calo anche per un partito in salute, almeno rispetto alle Politiche del 2018, come la Lega. Probabilmente si salverebbe solo il Partito Democratico, ma soltanto perché rispetto alle ultime politiche gli attuali gruppi parlamentari sono stati già falcidiati dalla scissione di Matteo Renzi. Andrebbe di lusso solo per Fratelli d’Italia, gli unici che registrano una crescita davvero esponenziale.
IN CASO DI ELEZIONI ANTICIPATE, PER TANTI STIPENDIO E PENSIONE A RISCHIO
Tenendo conto di tutto ciò, si capisce bene che tanti deputati e senatori, nel segreto dell’urna, non si avventurerebbero su una strada pericolosa, che ha come principale sbocco quello di mettere in discussione la legislatura. Con la certezza che i tre quarti di coloro che oggi siedono sugli scranni di Camera e Senato sono destinati a non tornare. E quindi nel caso, dovrebbero rischiare, consapevolmente, di rinunciare a oltre un anno di stipendio. Che non sono bruscolini. E inoltre, e anche questo non è un dettaglio, molti metterebbero a rischio anche anche la pensione che i parlamentari percepiscono quando raggiungono il 65esimo anno di età.
Per averne diritto, i neo eletti devono prima arrivare a 4 anni, sei mesi e un giorno di mandato. Un traguardo che scatta il 24 settembre 2022. La maggioranza del parlamento, il 74%, si trova in questa condizione. . Per l’esattezza 446 su 629 deputati e 244 su 314 senatori. Eventuali elezioni prima del 24 settembre 2022, per tutti questi rappresenterebbero una catastrofe previdenziale. Oltre che moltissimi ci sarebbe anche la certezza di non essere rieletti, e quindi dovrebbero restare a casa. Senza stipendio e senza pensione.