Il gip Rosario Di Gioia, nell’emettere le 28 misure cautelari per altrettanti dipendenti comunali e di aziende partecipate assenteisti, aveva scritto che questo gruppo di nuovi “furbetti del cartellino” scovati ai Cantieri Culturali alla Zisa aveva messo su un «sistema patologicamente dedito al malaffare ai danni della Pubblica amministrazione», con l’aggravante, inoltre, che i supervisori addetti al controllo dei dipendenti chiudevano un occhio. Anzi spesso tutti e due».
Otto sono agli arresti domiciliari, mentre per 14 è scattato l’obbligo di dimora e presentazione alla polizia giudiziaria. Per sei il solo obbligo di presentazione alla pg. Gli indagati con il divieto di dimora hanno l’obbligo di presentarsi alla caserma dei carabinieri più vicina. Devono firmare quattro giorni a settimana, e lo dovranno fare dalle 6 alle 6.45. Cioè prima dell’orario di servizio ai Cantieri, per evitare che la misura cautelare «diventi un ulteriore alibi per i dipendenti di allontanarsi dal posto di lavoro», come ha scritto il giudice.
Per chi timbrava e poi andava in libertà al bar o a fare shopping, firmare all’alba potrebbe rivelarsi una sorta di legge del contrappasso. Ecco cosa si legge in uno stralcio dell’ordinanza relativa agli indagati, riportata dal Giornale di Sicilia: «Un modus operandi consolidato e divenuto ormai cronico, che consiste nell’allontanarsi anticipatamente e per lunghi periodi dal luogo di lavoro, grazie alla complicità di altri colleghi», cioè quelli incaricati di strisciare il cartellino. E viene citato il paradosso verificatosi per uno degli arrestati, che avrebbe consegnato il suo badge a un compagno di lavoro per timbrarlo ogni giorno in sua assenza. E dunque risultava presente persino quando era stato ricoverato in un ospedale e aveva presentato un regolare certificato medico. Si era scordato di avvisare il complice della sua assenza lecita.
In un altro caso, un dipendente regolarmente assunto dalla Reset lavorava in nero in un hotel. Nell’inchiesta sui furbetti del cartellino dei Cantieri Culturali è emersa anche la figura un addetto al servizio interno di pulizia e custodia. Per lui sono scattati gli arresti domiciliari. Si tratta di Giancarlo Nocilla, 48 anni, figlio del capomafia di Misilmeri, Domenico. A lui la Procura ha contestato 60 episodi di assenteismo gran parte dei quali commessi per l’intera giornata lavorativa per un totale di 311 ore di assenza, per uno stipendio, incassato ma non dovuto, di 2.790 euro. La pattuglia di finanzieri che ha pedinato i suoi spostamenti lo ha intercettato in una struttura turistico-alberghiera a Ficarazzi, mentre risultava in servizio ai Cantieri. Sarebbe stato aiutato dal collega Francesco Paolo Magnis, 61 anni, anche lui finito ai domiciliari.