Per le sanzioni contro la Russia in Europa risultati “agghiaccianti”

Il «Financial Times» ha fatto i conti, ed ha scoperto che finora i provvedimenti presi contro Mosca hanno provocato danni soprattutto ai Paesi europei

Le sanzioni che l’Unione europea e l’Italia hanno imposto alla Russia dopo l’invasione dell’Ucraina,  difficilmente fermeranno la guerra. E fanno più male ai paesi europei che a Putin. L’ha scritto il Financial Times, un quotidiano economico-finanziario britannico che di certo non può essere sospettato di avere simpatie per Vladimir Putin. Il giornale inglese ha scritto che per quanto riguarda le sanzioni alla Russia, il peggior impatto sugli scambi commerciali lo hanno subìto i Paesi europei. Il Financial Times parla di risultati «agghiaccianti».  Conseguenti ad una contrazione delle esportazioni pari al 5,6 per cento e delle importazioni per il 3,4 per cento. Paradossalmente la Russia, che ha visto bloccate le sue riserve all’estero e bloccati i suoi commerci, ha avuto effetti meno devastanti, perché, come dimostra un grafico pubblicato dallo stesso giornale, la contrazione si è fermata al 4,8 per cento.

STATI UNITI E CINA MEGLIO DELL’EUROPA

Gli Stati Uniti hanno perso il 3,4 per cento delle esportazioni, mentre chi se l’è passata meglio è la Cina, che ha chiuso il mese con una flessione inferiore all’1 per cento. insomma Financial Times ha evidenziato che i provvedimenti presi da Bruxelles sono un boomerang per chi li ha emessi. In pratica il quotidiano sostiene che se l’Europa pensa di fermare la Russia con queste sanzioni rischia solo di farsi del male. Perché non solo Putin non farà marcia indietro, ma a pagare il conto delle decisioni saremo proprio noi europei, che ci ritroveremo con un’economia che boccheggia senza avere alcun vantaggio.

L’ESEMPIO DEL CARBONE

Esaminiamo, per esempio, il caso dell’embargo al carbone russo. Nei giorni scorsi è stato annunciato il blocco delle importazioni di questo combustibile, seppure da agosto, quando la richiesta è inferiore. Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, ha detto che con questa sanzione l’Europa avrebbe tagliato una fonte importante dei ricavi di Mosca. In realtà le cose non stanno proprio come le ha raccontate la politica europea. Infatti, dei 20 miliardi di dollari esportati dalla Russia solo il 40 per cento è acquistato dai Paesi europei, mentre il 60 è comprato da Stati che non applicano le sanzioni, come la Turchia, la Cina, l’India e così via.

PER LA RUSSIA DANNO LIMITATO, INFERIORE A QUELLO EUROPEO

Dunque, facendo due semplici conti, il «danno» per Putin scende a 8 miliardi e siccome l’export di carbone rappresenta l’1,2 per cento del Pil russo, la perdita in termini reali per Mosca scende a 0,48 per cento del Prodotto interno lordo. In compenso, l’Europa sarà costretta a comprare ciò che le serve per alimentare le sue centrali da qualcun altro, magari dall’Australia. Ma importarlo costerà il 30 per cento in più. Così, mentre Putin sarà libero di vendere carbone a quella metà del mondo che continua a fare affari con lui, limitando o forse annullando gli effetti dell’embargo e dunque non registrando alcun concreto impatto sull’economia russa, l’Europa probabilmente dovremo mettere a bilancio una spesa superiore a quella dello scorso anno

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