Montagna Longa: per uno studioso la sciagura aerea fu causata da esplosione

Un libro scritto da un docente di Aerodinamica ribalta le conclusioni del processo per la sciagura di Montagna Longa, che causò 115 vittime

Un libro appena edito da Cambridge Scholars Publishing, scritto dal docente di Aerodinamica e dinamica dei fluidi dell’università di Palermo, Rosario Ardito Marretta, ribalta le conclusioni cui giunsero i giudici nel processo che si concluse nell’84, dopo la tragedia di Montagna Longa. Allora i giudici attribuirono ai piloti del volo Alitalia la responsabilità della sciagura che coinvolse l’aereo proveniente da Roma. Il volo si concluse con uno schianto, a oltre 900 metri di quota, contro Montagna Longa. In quella sciagura aerea, verificatasi la sera del 5 maggio 1972 nei pressi dell’aeroporto di Punta Raisi, ci furono 115 vittime.

LA TESI DEL DOCENTE

Il libro scritto dal docente, “The Case of Alitalia Flight AZ 112”, arriva a conclusioni diverse di quelle che conclusero il processo nell’84. Infatti il professore Marretta afferma che la sciagura “fu causata da un sabotaggio”. Secondo lo studioso, una micro carica posta in un incavo dell’ala avrebbe potuto creare uno squarcio con perdita di carburante e relativo incendio. Il docente à arrivato a queste conclusioni dopo un lungo lavoro, commissionategli dall’Associazione parenti delle vittime di Montagna Longa. Ha effettuato prove di laboratorio e utilizzato modelli matematici che mezzo secolo fa non potevano trovare applicazione per la complessità dei calcoli. Oggi questi calcoli sono resi possibili da computer velocissimi. «Non parlerei di ipotesi ─ ha affermato il professore Marrettaperché la probabilità di ciò che sostengo è talmente alta da superare quella che l’esame del Dna fornisce sull’identità di una persona».

NEL 2014 GIÀ RICHIESTA LA RIAPERTURA DELL’INCHIESTA

Già nel 2014, l’associazione dei familiari delle vittime aveva chiesto la riapertura dell’inchiesta, alla procura di Catania. Avevano anche depositata la fotografia di un pezzo di ala del Dc 8, scattata il giorno dopo lo schianto. In essa si distinguono tre fori d’entrata, come quelli prodotti da proiettili di grosso calibro. Ma, secondo i pubblici ministeri, quella foto non bastava per potere riaprire l’inchiesta. Così come non sono bastate neanche le altre osservazioni fatte dai familiari delle vittime. Osservazioni non da poco, perché la ricerca fatta all’epoca sugli atti dell’inchiesta, dalla nipote di una delle vittime, Erminia Borzì, dallo storico Giuseppe Casarrubea e dall’avvocato Ernesto Pino, aveva del clamoroso: “Quel pomeriggio, c’era un’esercitazione della Nato sui cieli siciliani” I ricercatori se n’erano accorti rileggendo le comunicazioni fra un aereo e il “nodo di Roma informazioni”.