Perché i giudici hanno assolto la ‘palpata’ del bidello: ecco la sentenza
Secondo la sentenza, il comportamento del bidello è di natura scherzosa. L’avvocato della ragazza: “Si scherza in due”
Nei giorni scorsi ha destato scalpore la sentenza del Tribunale di Roma che ha assolto un bidello accusato da una studentessa di violenza sessuale. La ragazza ha sostenuto di essere stata palpeggiata dall’uomo a scuola. I giudici hanno ritenuto che “il fatto non costituisce reato”, poiché, oltre al comportamento oggettivo del bidello, mancherebbe l’intento soggettivo di commettere una violenza. Quindi il Tribunale ha accolto la tesi difensiva secondo cui l’atto può configurarsi come uno scherzo, benché “inopportuno nel contesto in cui è stato realizzato, per la natura del luogo e dei rapporti tra alunno e ausiliario”. La ragazza, adesso, spera nell’appello.
Il comportamento del bidello
L’avvocato, della studentessa, Andrea Buitoni, ha protestato contro i giudici. “Si scherza in due – ha detto -, mentre qui il bidello ha fatto tutto da solo”. Ma cosa dice esattamente la sentenza per spiegare che il comportamento del collaboratore scolastico lo salva dall’accusa? Se ci si sofferma solo sull’azione dell’imputato, i giudici hanno ritenuto che l’elemento oggettivo della fattispecie criminale di violenza sessuale esiste, poiché l’uomo ha toccato i glutei della parte lesa, zona erogena, senza accertarsi del consenso della persona destinataria. Tale azione può essere considerata come “un atto di libidine subdolo e repentino”, costituendo un elemento oggettivo della violenza sessuale.
L’elemento soggettivo
Secondo la sentenza, quindi, ciò che è mancato affinché l’imputato fosse ritenuto colpevole è l’elemento soggettivo. Si legge: “Deve rilevarsi che la repentinità dell’azione, senza alcun insistenza nel toccamento, da considerarsi quasi uno sfioramento, il luogo e il tempo della condotta, in pieno giorno in locale aperto al pubblico e in presenza di altre persone, e le stesse modalità dell’azione poi conclusasi con il sollevamento della ragazza, non consentono di configurare l’intento libidinoso o di concupiscenza generalmente richiesto dalla norma penale”. Insomma, per i magistrati è credibile la difesa del bidello, quando fa riferimento la natura scherzosa dell’atto.
La “natura scherzosa” dell’atto
La sentenza spiega anche che la natura scherzosa dell’azione non esclude in assoluto l’elemento soggettivo richiesto dalla norma, essendo il gesto qualificabile come atto sessuale punibile quando rappresenta un’intrusione violenta nella sfera sessuale della vittima. Ma, in questo caso, il Tribunale ha ritenuto che le modalità dell’azione lasciano ampi margini di dubbio sulla volontarietà della violazione della libertà sessuale della ragazza.
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