La notizia è ufficiale: Il Comitato tecnico-scientifico della Regione ha dato parere favorevole, suggerendo soltanto minimi aggiustamenti, al nuovo piano anti-Covid. Che prevede un significativo aumento dei posti esclusivamente dedicati ai ricoverati per il virus (in terapia intensiva, ma anche nelle degenze ordinarie, con l’aggiunta di una terza fascia di “bassa complessità”), con due diversi step nel giro di 15 giorni. A regime, in totale: 3.612 posti.
Ecco, in sintesi, di cosa si tratta. Entro il 15 novembre (ma «di fatto buona parte della mappa è attuabile già in pochi giorni», dicono dall’assessorato regionale alla Salute) negli ospedali siciliani saranno attivati 2.497 posti per pazienti Covid. Di questi 272 saranno in terapia intensiva (quasi il doppio degli attuali ricoverati, ieri arrivati quota 150, molto vicina alla soglia d’allerta di 176 fissata dal ministero della Salute perché pari al 30% dei 588 posti complessivi disponibili). Altri 1.536 saranno di degenza ordinaria, in Malattie infettive e non soltanto. Infine, una terza fascia di “bassa complessità” con una capienza di 689 posti entro metà mese. «In Sicilia il tempo medio di degenza ordinaria nei reparti Covid – ricorda l’assessore Razza – è di 5-6 giorni, ma talvolta c’è una fascia di pazienti che necessita di ulteriori controlli sanitari a più basso tasso di complessità». E per questa fattispecie sono previste strutture integralmente dedicate: residenze sanitarie assistite (per gli anziani), centri terapeutici assistiti (per disabili, soprattutto psichici), hotel (con ulteriori convenzioni con i privati) e da adesso in poi anche la novità del coinvolgimento delle Ipab siciliane.
L’assessore alla Salute Ruggero Razza
Fra la prima e la seconda fase ci sono dei punti fermi. Il primo è che il piano prevede una «programmazione ad ospedali aperti», dettaglia Razza, spiegando che «contrariamente ad altre Regioni, la Sicilia non sospenderà le attività ordinarie, i ricoveri, gli interventi e le attività ambulatoriali per i pazienti non Covid». L’assessore fa questa affermazione pur consapevole che «la scelta della doppia presenza negli ospedali siciliani metterà sotto stress il sistema, con la possibilità di fisiologici rallentamenti». L’altro elemento di continuità è la scelta delle strutture con maggiore propensione alla cura, ordinaria o d’emergenza, dei contagiati. Confermata la previsione di due ospedali-hub: il Cervello a Palermo (con una sostanziale riconversione dell’80% di posti e risorse umane) e il San Marco a Catania, con 150 posti di degenza e 28 di rianimazione destinati soltanto al virus. Infine, per evitare il “turismo pandemico”, si fa in modo che ogni provincia abbia «almeno un ospedale di riferimento, in cui la capienza di posti Covid sia capace di soddisfare le esigenze previste a breve-medio termine», spiega l’assessore alla Salute. A Messina si investe soprattutto sul Policlinico, mentre in altri territori le strutture Covid sono due. «Certo, ci sarebbe piaciuto – ammette Razza – pianificare soltanto nove Covid hospital per tutta la Sicilia, ma la programmazione si fa in base alle strutture a disposizione, oltre che alle esigenze dei territori. E in alcuni casi siamo davanti a ospedali costruiti 20-30 anni fa e dobbiamo adatterci alle condizioni date». Inoltre, la validazione del Cts arriva «in base al rapporto fra i dati epidemiologici confrontati con le misure di contenimento adottate a livello nazionale e regionale in questo momento». Il piano della Regione, infatti, prevede un terzo scenario. Ed è quello di un’emergenza ancor più pesante di quanto si possa prevedere entro la fine del mese, caratterizzato da «da uno scenario di massima gravità e da un livello di rischio altissimo». Soltanto in quel caso, ovviamente, sarebbero sospese tutte le altre attività sanitarie non urgenti, con la riconversione di centinaia di posti letto in tutti gli ospedali siciliani. Con i ventilatori già arrivati da Roma, ma anche «con utleriori strumentazioni acquisite dalla Regione nella prima fase della pandemia», nello scenario più pesante ci sarebbe anche «la possibilità di utilizzare le sale operatorie, riconvertendole in rianimazioni d’emergenza».
Ma, annota Razza con una sottile polemica con il commissario nazionale Domenico Arcuri, «un posto in terapia intensiva non si fa con un semplice ventilatore, ma ci vogliono le risorse umane per renderlo attivo». Ed è una bella notizia, in questo senso, l’accordo tra la Regione e le tre Università siciliane, sedi di facoltà di Medicina e chirurgia, che disciplina le «modalità di svolgimento della formazione per l’assunzione a tempo determinato dei medici specializzandi che, ormai, sono chiamati a pieno titolo ad affrontare le emergenze sanitarie». La stima iniziale dell’assessorato è di 250 specializzandi assunti a breve termine. «Così – commenta Musumeci – stiamo assicurando al nostro sistema sanitario un’iniezione di nuove energie professionali, tanto utili per fronteggiare meglio la pandemia. E allo stesso tempo la Sicilia non perderà più una parte dei suoi giovani migliori, destinati a restare nelle nostre corsie».
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