Per gli italiani, è stato l’inviato per antonomasia, il giornalista che ha seguito le vicende della prima Guerra nel Golfo e della fine dell’Unione Sovietica, il cronista puntiglioso che ha informato sui conflitti nella ex Jugoslavia, in Iraq, Afghanistan e Libia, sempre in prima linea anche su temi nazionali: mafia, terrorismo, terremoti, calamità naturali e sequestri di persona.
Pino Scaccia, deceduto all’età di settantaquattro anni a causa delle complicazioni dovute al Coronavirus, si è spento all’Ospedale San Camillo di Roma, dove era ricoverato.
Nato a Roma, Scaccia era ormai dedito a tempo pieno alle attività di blogger e scrittore: tra i libri pubblicati, quindici in tutto, “Armir. Sulle tracce di un esercito perduto”, “Giornalismo,ritorno al futuro. Istruzioni per i nuovi giornalisti digitali”, “Dittatori. Hitler e Mussolini tra passioni e potere. I tranelli della storia rivisti da un reporter e da una professoressa di lettere” e “Nell’inferno dei narcos. Diario di un’italiana in Colombia in fuga per la vita”.
Capo redattore dei servizi speciali del Tg 1, ha attraversato gli ultimi quarant’anni di storia con autorevolezza e passione.
I colleghi della Rai lo hanno salutato definendolo “un cronista di razza” e “un inviato che ha dato lustro al Tg 1 e alla Rai interpretando nella professione i valori del servizio pubblico”.
“Di sicuro una grande perdita per tutta la professione – si legge in una nota del direttivo dell’Usigrai – a nome delle giornaliste e dei giornalisti della Rai un abbraccio a tutta la famiglia e a chi gli ha voluto bene”.
Grande dolore per la dipartita del giornalista è stata espressa dalla comunità di Ostia, quartiere romano dove Scaccia aveva scelto di abitare.