Giovanni Rao è stato condannato in via definitiva a sette anni e otto mesi di carcere per l’estorsione allo chef Natale Giunta del 2012. Adesso il collaboratore di giustizia Alfredo Geraci ha rimesso tutto in discussione.
La seconda sezione della Corte d’appello di Caltanissetta, presieduta da Maria Carmela Giannazzo, ritenendo ammissibile l’istanza di revisione proposta dagli avvocati Giovanni Castronovo e Raffaele Bomsignore, ha riaperto il processo a carico del Rao, già condannato in via definitiva per aver posto in essere l’estorsione, in concorso con altri, nei confronti dello chef.
Nel corso della prossima udienza, che si terrà il 25 maggio, sarà sentito in aula il collaboratore di giustizia Alfredo Geraci. Quest’ultimo, nell’ambito di un altro processo, ha sostenuto che Rao è stato vittima di un errore giudiziario, avendo subìto una condanna pur essendo innocente, visto che a commettere il reato sarebbe stato un altro soggetto.
Secondo Geraci, Giunta quando ha indicato Rao si sarebbe sbagliato. Tutto è partito dalle indagini difensive degli avvocati Castronovo e Bonsignore che avevano trovato in una chat una discussione in cui Geraci, parlando con un nipote del protagonista di questa storia, a sua volta imputato in un processo per droga, gli aveva detto di essere certo che lo zio era innocente.
Un’affermazione che ha ripetuto rispondendo a una precisa domanda dei legali. Il collaboratore di giustizia ha dichiarato che l‘esattore del racket additato da Giunta non era Rao e che i sette anni e otto mesi erano una condanna ingiusta. «Sì, l’ho detto e lo ribadisco, infatti come dico chi è colpevole dico pure chi è innocente, basta l’ho detto, è innocente – aveva spiegato Geraci -. Si è fatto 6 anni ingiustamente e ho detto pure chi è che era al posto di lui, che l’hanno scambiato…». Quindi, a diversi anni dalla sentenza della Cassazione, i difensori di Rao hanno ottenuto che il prossimo 25 maggio il collaboratore di giustizia sia sentito in aula.