L’archeologia ha restituito una pagina di sofferenza umana e sociale, vissuta a Pompei all’ombra dei fasti della città vesuviana. Ma anche quello che è raccontato dall’ultima scoperta è la vita di allora. Un panificio-prigione, dove le scritte dell’epoca indicano che gli animali si spostavano attorno alle macine bendati mentre gli schiavi spingevano la mola e li incitavano ad andare avanti. Si deve pensare alla presenza di persone ridotte in schiavitù, affiancate da asini, a lavorare in ambienti angusti, bui, rischiarati solo da piccoli pertugi chiusi da grate metalliche.
“Erano rinchiusi qui e sfruttati per macinare il grano necessario a produrre il pane per la città. Un ambiente angusto e senza affaccio esterno – racconta il direttore del parco archeologico Gabriel Zuchtriegel – l’aspetto più incredibile è stato ritrovare nel pavimento intagli che rivelano il movimento coordinato degli animali, costretti a girare per ore con occhi bendati”.
Il singolare impianto è emerso nella Regio IX, insula 10, dove sono in corso scavi programmati dalla direzione del parco. Sulle lastre di basalto che componevano la pavimentazione dell’ambiente, attorno alle macine, si possono notare infatti una serie di intagli che servivano a evitare che gli asini scivolassero ma anche a sincronizzare il loro movimento ed evitare che si scontrassero gli uni con gli altri, visto che lo spazio era piuttosto esiguo. Un luogo che sembra perfettamente ricollegarsi alla descrizione che ha fatto lo scrittore Apuleio, vissuto nel II secolo d.C., che in un suo libro delle Metamorfosi ha raccontato l’esperienza del protagonista, Lucio, trasformato in asino e venduto a un mugnaio, evidentemente sulla base di una conoscenza diretta di contesti simili a Pompei.