Ponte sullo Stretto, l’attacco della CGIL e il progetto “lacunoso”: è ancora scontro sull’opera
“Il progetto del ponte non è affatto ‘lacunoso’ o ‘irrealistico’”. Così Pietro Ciucci, amministratore delegato della Stretto di Messina, ha commentato le affermazioni del segretario confederale della CGIL Pino Gesmundo e dei segretari generali della CGIL Calabria, Angelo Sposato, e della CGIL Sicilia, Alfio Mannino.
In una nota i dirigenti sindacali avevano affermano: “Non è il Ponte sullo Stretto, opera inutile e dannosa, l’infrastruttura necessaria a rilanciare lo sviluppo della Sicilia, della Calabria e dello stesso Mezzogiorno. Occorre un intervento dello Stato per costruire una programmazione mirata e coerente e disegnare un nuovo piano di sviluppo industriale”. Da qui l’affermazione del “progetto lacunoso del Ponte, che ha come presupposto un’analisi costi-benifici irrealistica, comporterebbe gravi impatti ambientali, paesaggistici e naturalistici, determinati anche dall’enorme problematicità della gestione dei cantieri disseminati in tutta l’area, e che metteranno in crisi per anni le città di Messina, Reggio Calabria e Villa San Giovanni”.
Ponte sullo Stretto: “Dannoso ancor prima di essere realizzato”
Vi è poi un ulteriore aspetto che lo rende “dannoso ancor prima di essere realizzato”, avevano aggiunto, ossia “l’esecuzione di espropri di case, terreni, immobili di privati cittadini, investiti dai disagi e costretti a lasciare l’abitazione per andare non si sa dove e neppure con quale indennizzo”. Per Gesmundo, Sposato e Mannino “è un grave errore considerare la realizzazione del Ponte l’elemento strategico della modernizzazione infrastrutturale del Mezzogiorno. Riteniamo invece prioritarie la realizzazione dell’alta velocità Salerno-Reggio Calabria, che rischia di fermarsi a Romagnano; il completamento dell’elettrificazione e messa in sicurezza della ferrovia jonica Sibari-Reggio Calabria; il miglioramento del sistema di mobilità dell’area centrale dello Stretto; il completamento della Messina-Catania-Palermo e il raddoppio della Messina-Catania-Siracusa che continuano a procedere a rilento. Indispensabile è poi la messa in sicurezza del sistema autostradale Siciliano e Calabrese, portando a compimento la realizzazione dell’E90 (Ss 106), meglio conosciuta come la ‘strada della morte’”.
Per i segretari della Cgil “è essenziale riaprire una nuova stagione di programmazione per le due regioni, le cui potenzialità di sviluppo socio economico sono frenate dall’involuzione delle politiche messe in atto dal Governo nazionale e dai Governi regionali, che colpiscono le popolazioni e indeboliscono lo stesso sistema produttivo”. Tra queste vi sono “la centralizzazione delle Zes, lo smantellamento del Reddito di Cittadinanza, la revisione del Pnrr che definanzia molte opere strategiche, il blocco del Fondo di Sviluppo e Coesione e la sottrazione di 2.100 milioni alle due regioni, lo svuotamento del Fondo perequativo infrastrutturale. Tutto in una logica neocentralistica che annulla il ruolo della Autonomie, soprattutto dei Comuni”.
Le proposte della CGIL
“Occorrono un piano industriale di sviluppo per le due regioni – proseguono – che incentivi la produzione di energia, con investimenti nelle rinnovabili e portando a compimento le bonifiche dei siti contaminati; una politica dei trasporti che privilegi il trasporto pubblico locale e regionale; interventi radicali che affrontino decisamente le problematicità inerenti il dissesto idrogeologico e l’endemico disservizio della rete idrica”.
“Le ingenti risorse finanziarie disponibili tra Pnrr, Pnc, Fondi strutturali europei, fondi nazionali vanno spese nei tempi dovuti e in modo corretto e trasparente, sottraendole al pericolo di una gestione clientelare che possa aprire il varco a fenomeni corruttivi e di penetrazione delle mafie nel sistema degli appalti pubblici”, aggiungono infine. “Su tutte le questioni evidenziate – concludono Gesmundo, Sposato e Mannino – è indispensabile esercitare un’attenzione continua che promuova un controllo sociale assieme alla capacità di mobilitazione e di iniziativa del movimento sindacale”.
Ponte sullo Stretto, la replica
A questa nota Pietro Ciucci, amministratore delegato della Stretto di Messina, ha replicato spiegando che: “Le richieste di chiarimenti del MASE sono espresse secondo quanto previsto dalle procedure in corso e sono da confrontare con l’entità e la complessità dell’Opera, oltre 10 mila elaborati. La validità del progetto non viene messa in discussione, tantomeno l’elevatissimo livello scientifico e ingegneristico degli studi condotti”.
“L’analisi costi benefici, sviluppata sulla base delle Linee guida europee e nazionali, ha mostrato che la realizzazione del ponte è in grado di contribuire in maniera molto significativa al miglioramento del benessere collettivo, apportando significativi benefici netti alla collettività nazionale, con ricadute positive sia economiche che ambientali – ha aggiunto -. Il Progetto è in grado di generare un valore attuale netto economico ampiamente positivo (3,9 miliardi di euro) con un saggio di rendimento interno, pari al 4,51%, superiore al livello minimo previsto dalla normativa vigente. Inoltre, dall’Analisi emerge che il ponte, permettendo il trasferimento su ferrovia di rilevanti quote modali (auto, traghetti e aereo), determina un significativo abbattimento dei gas climalteranti. A livello complessivo, nell’arco temporale 2024-2063, si stima una riduzione di circa 12,8 milioni di tonnellate di C02”.
“La Stretto di Messina ha da sempre investito sull’ambiente e sarà profuso ogni sforzo per ridurre al minimo gli impatti dell’opera e per garantire che la stessa sia occasione di valorizzazione dei territori. Il progetto ambientale prevede, nel pieno rispetto della legislazione vigente, criteri di salvaguardia dell’ambiente molto rigidi e grande attenzione alla fase di cantiere. Il progetto definitivo, corredato da più di 1000 elaborati sul tema dei cantieri e della viabilità locale, tiene conto di itinerari, trasporti e traffico. Questi aspetti saranno ulteriormente sviluppati in sede di Progetto esecutivo in stretta collaborazione con il Territorio con l’obiettivo di ridurre al minimo i disagi”.
“Sorprendenti sono anche le affermazioni relative agli espropri – ha sottolineato Ciucci -. Per immobili, terreni, attività commerciali, saranno applicate tutte le forme di indennizzo configurabili nella realtà operativa, comprese quelle riguardanti i proprietari degli immobili “frontisti”, ovvero coloro che, ancorché non espropriati, siano posti in adiacenza alle opere dalla cui realizzazione risultino gravati da una servitù o subiscano una permanente diminuzione di valore per la perdita o la ridotta possibilità di esercizio del diritto di proprietà. Gli espropri saranno avviati gradualmente solo dopo l’approvazione del progetto definitivo da parte del CIPESS e ancor prima saranno stipulati dei protocolli con i Comuni e altri soggetti competenti con lo scopo di favorire il rapporto di collaborazione tra l’espropriando e l’espropriante, nel pieno rispetto dei diritti, dei principi di equità e trasparenza”.