“Preordinazione e non premeditazione”: ecco la mossa della difesa di Turetta per evitare l’ergastolo
La difesa di Turetta cercherà di dimostrare che nel delitto ci sono segni di preordinazione e non di premeditazione
La carta difensiva che potrebbe permettere a Filippo Turetta, lo studente reo confesso dell’omicidio della ex fidanzata Giulia Cecchettin, di evitare l’ergastolo è la ‘preordinazione’. È racchiusa in un concetto giuridico la differenza fra preordinazione e premeditazione. La difesa del giovane, come riportato dal Gazzettino, proverà a giocare questa carta, invocando l’articolo 577, comma 1, n. 3, del codice penale che prevede il fine pena mai solo nell’ipotesi in cui l’omicidio volontario sia commesso con premeditazione, ma non se c’è solo “preordinazione”. Una distinzione evidenziata da una sentenza della Cassazione.
Cos’è la preordinazione
Ma vediamo cos’è la preordinazione di un delitto, e qual è la differenza con la premeditazione. La prima è “la preparazione dei mezzi minimi necessari all’esecuzione” nella “fase immediatamente precedente alla realizzazione” e senza la “completa e rafforzata volontà dell’autore del crimine nel proposito che si è prefissato”, come spiegato dall’articolo. Gli elementi che vanno verso una pianificazione del femminicidio da parte di Turetta sono diversi: l’acquisto del nastro adesivo, l’aver portato con sé il coltello, i passaggi in auto nella zona dove poi è avvenuta l’aggressione. La difesa cercherà di dimostrare che sono segni di una preordinazione e non della premeditazione del delitto, che prevede più organizzazione. In effetti si tratta di un confine molto labile, e suscettibile a interpretazioni. Ma probabilmente parte del processo si giocherà sulle disquisizioni su questo argomento.