La prescrizione cancella le condanne degli ex grillini per le firme false
La Corte di appello ha dovuto azzerare tutto, constatando che era trascorso troppo tempo da quando era stato commesso il reato
I dodici grillini che nel 2012 furono coinvolti nell’affaire “firme false” sono stati graziati dalla prescrizione. Nelle elezioni comunali del 2012 ci furono attivisti, ex parlamentari regionali e nazionali del Movimento 5 Stelle che, dopo essersi accorti di un vizio formale nelle generalità di un firmatario, nelle sottoscrizioni necessarie per legge per presentare la lista, decisero di correggere l’errore e ricopiare le migliaia di firme originali già raccolte. Furono denunciati e processati per falso e violazione della legge regionale che ha recepito il Testo Unico in materia di elezioni negli enti locali. Per questa vistosa leggerezza nel gennaio del 2020 il giudice monocratico della quinta sezione del Tribunale, Salvatore Fausto Flaccovio, aveva inflitto agli ex deputati nazionali Giulia Di Vita, Riccardo Nuti e Claudia Mannino un anno e dieci mesi. I tre furono sospesi dai probiviri e poi costretti a lasciare i grillini.
Stessa condanna per Toni Ferrara, Alice Pantaleone e Stefano Paradiso e l’ex collaboratrice del gruppo all’Ars, Samantha Busalacchi. Invece per Giuseppe Ippolito e per gli ex deputati regionali Giorgio Ciaccio e Claudia La Rocca la condanna fu un anno. Per l’avvocato Francesco Menano e il cancelliere del tribunale Giovanni Scarpello un anno e sei mesi. Per Pietro Salvino e Riccardo Ricciardi c’era stata l’assoluzione «per non avere commesso il fatto».
La Corte di appello ha dovuto azzerato tutto
Però questo processo di primo grado, a causa del trasferimento di un giudice, era dovuto ripartire da zero. Si era concluso nel gennaio del 2020. Con la conseguenza che il mese successivo era già scattata la prescrizione che ha consentito agli imputati di uscire indenni. Infatti ora la Corte di Appello, presieduta da Adriana Piras, ha dovuto azzerare tutto, constatando che era trascorso troppo tempo da quando era stato commesso il reato. Di conseguenza non ha potuto fare altro che decretare il non luogo a procedere.