Prete morto in provincia di Catania, si tratta di omicidio premeditato

Ha confessato l’uomo che ha ucciso Don Leonardo Grasso nella mattinata di ieri. Sostiene di avergli dato fuoco ma non averlo picchiato. Disposta autopsia del corpo

prete morto riposto

Nella mattinata di ieri Don Leonardo Grasso aveva perso la vita in seguito ad un incendio di natura dolosa. Il tutto è avvenuto nella struttura di recupero per tossicodipendenti che il prete dirigeva, la “Tenda di San Camillo”. Subito dopo l’accaduto, i carabinieri avevano iniziato ad indagare sulla vicenda. Nella struttura erano presenti altre 6 persone, rimaste tutte illese. Inoltre, sul corpo della vittima sono stati trovati segni di percosse ricevute da un bastone e tracce di sangue. Dati che porterebbero a pensare che l’autore del gesto abbia puntato con premeditazione a Don Grasso come sua vittima. L’omicida avrebbe poi appiccato il fuoco per coprire le tracce di un delitto già commesso. I militari che hanno eseguito le indagini hanno trovato il colpevole con semplicità, in quanto, dopo aver commesso l’omicidio, il soggetto è fuggito a bordo dell’auto della vittima. Ma la vettura era provvista di antifurto satellitare, dispositivo che ha permesso di trovare la persona che ha ucciso Don Grasso. L’uomo, messo alle strette, ha confessato i fatti.

“L’HO BRUCIATO, MA NON L’HO PICCHIATO”

I carabinieri hanno trovato il colpevole a Catania, lo hanno fermato e condotto presso la caserma del comando provinciale. L’uomo ha confessato al sostituto procuratore Angelo Brugaletta di avere cosparso di alcool il corpo di Don Leonardo Grasso e avergli poi dato fuoco. Tuttavia l’assassino del prete sostiene di non avere picchiato la vittima con un bastone, come era emerso dalle prime indagini. La teoria fornita dall’omicida, un uomo di 52 anni ospite della “Tenda di San Camillo”, non convince del tutto. Per questo è stata disposta un’autopsia sul corpo della vittima.

CHI ERA DON LEONARDO GRASSO

Don Leonardo Grasso aveva preso i voti a 50 anni, dopo la morte di entrambi i genitori. Precedentemente agente di commercio, aveva deciso di dedicare il prosieguo della sua vita ai bisognosi e sofferenti. Durante la trasmissione “La vita in diretta”, nel 2014, aveva dichiarato di essere diventato camilliano per ripercorrere le orme di San Camillo, che “dopo una vita scapestrata ha dedicato tutto se stesso ad aiutare gli altri“. La sua morte, come ha affermato il vescovo di Acireale Antonio Raspanti, rappresenta “una perdita ed una ferita sia nella famiglia camilliana che nella nostra diocesi“.