Per la campagna dei primi sei mesi dell’anno contro il virus Covid-19, l’Europa ha puntato su AstraZeneca: basti pensare che l’Italia attende dall’azienda inglese 16.155.000 dosi entro marzo e altre 24.225.000 entro giugno. Per un totale di oltre 40 milioni di dosi con cui si dovrebbero immunizzare 20 milioni di persone. Secondo il Financial Times la multinazionale non sarebbe in grado di consegnare neppure la metà della cifra garantita tra gennaio e marzo.
E invece, dopo Pfizer, anche AstraZeneca ha annuncia un taglio nella fornitura dei vaccini all’Unione europea e quindi anche all’Italia. La multinazionale britannica, il cui vaccino dovrebbe essere approvato dall’autorità regolatoria europea la prossima settimana, ha annunciato attraverso un portavoce che «i volumi iniziali saranno inferiori a quanto originariamente previsto a causa della riduzione dei rendimenti in un sito di produzione all’interno della nostra catena di fornitura europea». Nessun altro dettaglio.
Questo significa che il piano vaccinale italiano deve essere aggiornato. Nel primo trimestre era previsto arrivassero in Italia, complessivamente, circa 28 milioni di dosi. Invece, ancora non è chiaro se e quando Pfizer ripristinerà le forniture che dovrebbero garantire entro la fine di marzo 8,7 milioni di dosi. A questa incertezza si è aggiunto il taglio di AstraZeneca, che potrebbe significare passare da 8 milioni e 3,4 milioni di dosi. Per cui, a conti fatti, conteggiando anche le dosi di Moderna, che dovrebbero essere un milione e trecentomila, nel nostro paese a fine marzo potrebbero essere disponibili 14 milioni di dosi, la metà circa di quelle previste, 28 milioni.
Probabilmente si riuscirà a centrare solo l’obiettivo primario, cioè riuscire a somministrare il vaccino a tutti gli operatori sanitari e sociosanitari e agli ospiti e al personale delle Rsa. Oltre agli over 80 e ai pazienti fragili. In tutto circa 7 milioni di italiani. Guardando oltre le lacunose dichiarazioni ufficiali, la causa delle mancate consegne potrebbe essere ricercata nel dirottamento di forniture verso mercati che pagano ogni dose molto di più di quanto pattuito con l’Europa. Di fatto questo è il tempo dei signori dei vaccini, che decidono chi deve vivere e chi deve morire solo in funzione del profit.
Per combattere il virus, oltre alla carenza di vaccini, pare ci sia anche quella di un certo tipo di siringhe. Stando alla denuncia di alcune regioni, tra cui Lombardia, Sicilia e Emilia Romagna, mancherebbero anche le siringhe di precisione louer lock. Quelle cioè che permettono di estrarre, per quanto riguarda il vaccino Pfizer, sei dosi da ogni fiala. Con le siringhe normali, secondo i centri vaccinali, non si riuscirebbe a sfruttare tutto il siero contenuto in ogni fiala, da cui, di conseguenza non si riuscirebbe ad avere sempre sei dosi e non 5, così come ha suggerito dall’Aifa.