È la prima conferenza stampa di Giuseppe Conte, che non è attesa come le parole del Messia. Perché in fondo, quelle parole, le si sanno già, accento più accento meno. Qualche virgola magari sarà spostata, ma la sostanza non cambia.
ADDIO AUTOCERTIFICAZIONE
Conte ci dirà che l’autocertificazione sarà necessaria solo per chi si sposta da una Regione a un’altra, cosa che resta proibita sino al giorno 2 di giugno. Per il resto scompare questo atto di fede che ha legato gli italiani ai loro controllori. Niente più pezzo di carta e itinerario, basta col sentirsi colpevoli appena fuori l’uscio di casa. Anche se, a ben vedere ciò che è accaduto in questi giorni di preparazione al liberi tutti, la voglia di capanna è ancora forte. E il ritorno alla normalità, nelle nostre teste, è ancora da venire.
AMICI, PALESTRE E MUSEI
Conte ci dirà che potremo di nuovo vedere gli amici senza camuffarli da parenti, che le palestre saranno riaperte ma il rito degli spogliatoi subirà parecchie restrizioni e che nei musei si entra per prenotazioni e si adotterà il numero chiuso. Amici a parte, le abitudini dei compatrioti risentiranno poco delle appena elencate restrizioni perché in quanto a moto e sapere non si è mai stati in prima linea.
SHOPPING&SGHEI
Conte ci dirà che lo shopping è finalmente libero. E su questo intendiamo rassicurarlo: pochi sghei in circolazione ne riducono l’essenza e chi la moneta ce l’ha in questo periodo gli sfizi se li è passati lo stesso, abbeverandosi alla fonte di internet.
DAL BARBIERE NON SI LEGGE
E sì, gli alberghi riapriranno, almeno sulla carta, perché il dubbio è forte sulla esistenza allo stato attuale di una domanda. Finalmente potremo tornare a tagliarci i capelli: il sistema è quello del dentista, prenotazione obbligatoria e si entra uno per volta. E siccome quello che conta sono i dettagli, spariranno le riviste, che una volta erano Men, Playboy o ABC, con sbrodolata di tetti e culi, prima vera palestra di eros all’italiana di un popolo che alternava il porno soft alle letture da Azione Cattolica. Oggi al massimo qualche rivistella alla Urbano Cairo che parla di grandifratelli, tronisti e amici di Maria. Poco male, ce ne faremo una ragione.
LE REGOLE DEL MARE
Conte ci dirà che a mare i vicini saranno fastidiosi come sempre, con le loro telefonate sguaiate e gli odori persistenti di olii e cremine. Un metro e mezzo tra noi e il nostro rivale, dieci metri quadri per ogni ombrellone. Praticamente com’era Mondello negli anni ’60, ma non immaginiamoci un tuffo nel passato, l’estate 2020 proporrà soluzioni stile Sparta. Ma è già grasso che cola.
ORATE, FRATES
Finirà anche il trituramento della rinuncia alla frequentazione dei luoghi di culto, come se l’elevazione dello spirito potesse avvenire soltanto in luoghi consacrati. In ogni caso, distanziamento sociale in chiese, sinagoghe e moschee, posti ridotti, mascherine e niente segno della pace.
RISTORANTI E MASCHERINE
Pranzo e cena li lasciamo per ultimi. Le regole parlano di distanze di un metro tra ogni seduta se non si è familiare o convivente e obbligo di mascherina se ci si alza dal tavolo. Il personale sarà sempre in guanti e mascherina, la lista dei prenotati sarà obbligatorio archiviarla per due settimane. Rispetto alle previsioni in molti tirano un sospiro di sollievo e forse rivedranno la decisione di non aprire del tutto e limitarsi al delivery.
CIÓ CHE CONTE NON DIRÀ
Ma la cosa più importante che Conte implicitamente ci dirà è che ancora una volta hanno vinto i più forti, perché la ripartenza uguale per tutte le Regioni non è giustificata dallo stato epidemiologico del Paese. Hanno alzato la voce quelli che la loro sanità ha fatto miracoli e che continuano a contare i morti a decine. E non si degnano di una spiegazione alcuna sulle falle di un sistema che ha imbarcato acqua sin dal primo giorno, capaci di spot ospedalieri da corte marziale, facce di bronzo e clown (o forse meglio, buffoni) di un circo che ha fatto solo piangere.
NOI, DIVERSI DAL NORD
La Lombardia non è la Sicilia, il nord non è il sud. E stavolta lo gridiamo noi senza afflato discriminatorio, terrorizzati per il cinismo più che per il virus, quel cinismo barbaro che ignora la prudenza nel nome del profitto. Conte non ce lo dirà mai che è una follia non aver saputo resistere a lobby e pressioni che hanno imposto quell’unità che l’Italia da sempre disconosce se si parla di diritti e opportunità. E che ancora una volta ha fatto uscire vincente dall’urna la parola nord, come una pallina raffreddata di un qualsiasi sorteggio truccato. Tutti abbiamo voglia di urlare che è finita, che il Covid è sconfitto, che con le dovute cautele si può riprendere a vivere una vita che somiglia a quella di prima. Ma l’aspirazione, il desiderio, il sogno, quando non poggiano su basi reali è utopia. Bella da immaginare, persino romantica, ma che per lo più nella storia ha lasciato morti sul campo.