Nel novembre del 2004 a Mendicino, un paese vicino Cosenza, una ragazzina di tredici anni, nel pieno di una adolescenza vissuta all’interno di una tranquilla famiglia, finisce fra le grinfie di un sedicenne e di diciassettenne. La costringono a subire abusi sessuali, che alla fine arrivano anche allo stupro, messo in atto da uno dei due. E mentre avveniva la violenza, l’altro ragazzo impediva l’intervento di una ‘amica della vittima. Che urlava chiedendo aiuto. Alla fine la ragazza ha riacquistato la libertà, ed è tornata a casa ancora in stato di choc. Assieme ai genitori à andata dai carabinieri ed ha denunciato le violenze subite. I due violentatori, volti conosciuti in paese, vengono facilmente individuati e denunciati alla magistratura inquirente. Penalmente il caso si è chiuso con la “messa in prova” degli imputati. Ma il caso non si è chiuso. Ha avuto un seguito, e sottoposto al giudizio civile.
Il legale della parte offesa ha chiesto infatti il ristoro dei danni, chiamando in causa non solo il minore autore materiale della violenza sessuale, ma anche i suoi genitori. I giudici del tribunale i Cosenza e della Corte di Appello di Catanzaro, nel motivare i loro verdetti hanno escluso che l’episodio potesse costituire un fatto isolato. Come dimostrato, hanno scritto nelle motivazioni, “dalle dichiarazioni rese dalle persone informate, idonee a descrivere il ragazzo come persona violenta, aggressiva, capace di incutere timore agli altri”. Dunque l’imputato, mostrava evidenti deficit educativi riconducibili ai genitori. Adesso la sentenza della Corte di Cassazione ha sancito in via definitiva questo principio. Ed ha stabilito che per gli atti di violenza sessuale commessi dai figli minorenni, anche se prossimi alla maggiore età, padre e madre rispondono «a titolo autonomo» davanti al giudice civile per il risarcimento del danno in favore delle vittime e dei loro familiari».
Ne rispondono non «quali esercenti la potestà sul minore», ma per non aver dato «una buona educazione ai figli autori di stupro e cresciuti con una personalità incline alla violenza ed alla sopraffazione». Figli evidentemente non sottoposti «ad adeguata vigilanza». Quindi la Corte di Cassazione ha confermato la condanna per lo stupratore e i suoi genitori a risarcire con 130mila euro la ragazzina vittima della violenza, che oggi è una donna sposata e con figli. Con 30mila euro la madre della vittima per tutte le ansie patite. Con 5mila euro il padre e con 3mila euro la sorella. I condannati dovranno pagare anche 12.000 euro di spese legali.