Cronaca di Palermo

Rapina alla Credem di Terrasini, scovato gruppo criminale radicato a Brancaccio: sei arresti

Rapina in una banca di Terrasini ma non solo. La Polizia di Stato ha eseguito, su delega della Procura della Repubblica di Palermo, un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 6 soggetti. Sono tutti gravemente indiziati di far parte di un’associazione per delinquere dedita alla commissione di rapine ai danni di istituti di credito, con la progettualità di commissione di una serie indeterminata di reati contro il patrimonio in generale, anche al di fuori del territorio siciliano.

I soggetti raggiunti dalla misura odierna sono:

C.F. cl.1955 (già detenuto);

C.A. cl.1960 (già detenuto);

M.V. cl. 1962 (già detenuto);

S.A. cl.1979 (già in custodia domiciliare con monitoraggio elettronico);

S.N. cl.1977;

F.C. cl.1979.

Rapina alla Credem di Terrasini

L’attività d’indagine, condotta dalla Sezione reati contro il patrimonio della Squadra Mobile di Palermo, si sviluppa a partire da un grave episodio di rapina con sequestro di persona, avvenuta in data 04.04.2022 presso la filiale Credem di Terrasini a seguito. In merito, il 27 aprile 2022 sono stati eseguiti 5 fermi di indiziato di delitto nei confronti di altrettanti pluripregiudicati, tutti indagati per aver partecipato ognuno per la propria parte alla rapina in questione.

L’ampia attività di indagine esperita a seguito della rapina de qua e successivamente all’esecuzione dei fermi ha consentito di acquisire – in chiave gravemente indiziaria – elementi utili a ricomporre l’operatività del gruppo in chiave non episodica ma altamente organizzata, svelando le caratteristiche tipiche richieste dalla fattispecie di cui all’art. 416 c.p.

Il sodalizio criminale

Importanti spunti investigativi sono pure giunti dall’intercettazione dei colloqui in carcere dei soggetti originariamente fermati, che hanno consentito di validare in chiave indiziaria, dunque, l’esistenza di un sodalizio criminale –riconosciuto dal GIP – dedito alla commissione di rapine anche in trasferta, radicato nel territorio di questo comune già da diverso tempo e, più in particolare, nel quartiere “Brancaccio”, peraltro – come noto – storico mandamento mafioso tra i più in fervore nell’attuale momento storico.

Quali partecipanti al sodalizio predetto, dall’attività tecnica esperita, sono risultati altri due soggetti, oggi arrestati. Per uno dei due, peraltro, oggi è stato riconosciuto in sede di contestazione il concorso morale anche per la rapina ai danni del Credem di Terrasini.

L’analisi effettuata, anche sulle intercettazioni frattanto eseguite in carcere, ha restituito elementi più che interessanti in tal senso, considerato che si è evinto l’esistenza di una cassa comune all’organizzazione, la specificità dei ruoli di ognuno dei partecipanti; una progettualità protesa al futuro in relazione alla commissione di moltissimi altri reati, la disponibilità di altre risorse comuni come mezzi di trasporto, la capacità di rigenerarsi nel tempo con l’elastica apertura a nuovi soggetti anche in ragione del naturale succedersi degli arresti, il mantenimento delle famiglie dei sodali in carcere.

Dopo Terrasini altre rapine in cantiere

Le attività di intercettazione fornivano dunque gravi indizi di colpevolezza per i sei indagati in ordine alla loro partecipazione ad una strutturata e articolata associazione, operante nel quartiere “Brancaccio”, storica roccaforte di Cosa Nostra la cui storia giudiziaria del mandamento vanta una certa continuità delittuosa anche in seno ai delitti contro il patrimonio di tal genere: quartiere, peraltro, che da sempre ha dato i natali a molti rapinatori c.d. trasfertisti.

Le indagini, come detto originariamente sviluppate in relazione al singolo episodio criminoso presso la banca di Terrasini, consentivano pure di portare alla luce una frenetica progettualità dei soggetti indagati in ordine a possibili, diverse rapine da portare a termine con le stesse modalità nei comuni di Capaci, Favara, oltre che Milano, Bologna e Pistoia. Le stesse attività consentivano di far luce su alcune rapine poste in essere nel passato e talvolta rimaste impunite.

Gli approfondimenti effettuati in sede d’indagine consentivano, altresì, di disvelare che il gruppo criminale in parola vivesse e vive esclusivamente dei proventi dell’attività delittuosa, facendo emergere gli stessi indagati l’indispensabilità di compiere “lavori” con una certa cadenza per far fronte alle esigenze familiari.

L’organizzazione e il reperimento di armi

Altro particolare interessante emerso dall’indagine è relativo al fatto che il radicato sistema affiorato vantava la capacità di organizzarsi e rigenerarsi ogniqualvolta le circostanze lo rendessero necessario, ad esempio, liquidando mediante disponibilità economiche comuni, soggetti interni al sodalizio la cui presenza potesse ritenersi pericolosa nei “colpi in trasferta”, poiché magari già sottoposti a misure restrittive, quindi rischiosi per la tenuta del sodalizio stesso.

Al contempo, oltre a tale capacità, ne emergeva pure la volontà e possibilità di assoldare altri soggetti dotati di specifiche competenze in materia, accrescendo in tal modo la dimensione del sodalizio. Le conversazioni intercettate tra gli indagati, infatti, lasciavano intendere l’intenzione degli stessi di arruolare altri soggetti. Circostanza che evidenzia come un’organizzazione siffatta si collocava nel degradato contesto criminale di riferimento, alla stregua di un’agenzia di collocamento, avvalendosi di alcuni specifici soggetti che offrivano “lavoro”, diventando in tal modo punto di riferimento per il “quartiere” ogniqualvolta un colpo andasse a buon fine.

È emerso pure, in contesto d’indagine, come la holding criminale avesse disponibilità di soldi e mezzi in comune ed anche una progettualità in ordine al reperimento di armi e all’individuazione degli obiettivi criminali da cui trarre ulteriori profitti. Tali circostanze venivano discusse durante dei veri e propri summit, propedeutici pure ad un’attività di sopralluogo rispetto ai nuovi possibili obiettivi da colpire.

Dalle medesime attività veniva fuori pure la necessità dell’associazione di avvalersi di qualche contributo esterno, per far fronte all’esigenza di natura logistica per lavorare in un luogo pressoché sconosciuto, soprattutto in occasione dei “lavori” da perpetrare fuori dal contesto palermitano.

Dalle diverse conversazioni captate è emerso anche che gli associati avevano intenzione di reinvestire i proventi illeciti derivanti dalle rapine in altri tipi di attività, quali l’acquisto di partite di droga da poter reimmettere sul mercato ad un prezzo maggiorato, nonché l’acquisto di beni immobili.

L’odierno provvedimento, emesso dal G.I.P. di Palermo si basa, allo stato, sui gravi indizi di colpevolezza. Le piene responsabilità penali per i fatti indicati saranno accertati in sede di giudizio e pertanto al momento tutti gli indagati devono considerarsi innocenti fino a sentenza definitiva.

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Redazione PL