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Timbrò il cartellino in mutande, reintegrato vigile: dall’amministrazione 250mila euro

Alberto Muraglia, il “vigile in mutande” di Sanremo, nel 2015 divenne il simbolo dell’indagine sui cosiddetti “furbetti del cartellino”. Adesso potrebbe tornare a vestire la divisa della Polizia locale del suo comune. Infatti, la Corte d’Appello di Genova, sezione lavoro, lo ha reintegrato accogliendo il ricorso contro la sentenza del giudice del lavoro di Imperia, che nel gennaio del 2016  aveva confermato il licenziamento disposto dall’ufficio procedimenti disciplinari. La sentenza è “direttamente esecutiva”, cioè, di fatto,  il Comune di Sanremo non potrà non applicare. Tecnicamente, a motivare il reintegro è il vincolo che lega il giudice del lavoro all’ultimo giudizio penale, dove Muraglia, dopo aver di fatto giustificato tutti i capi d’imputazione, ha avuto l’assoluzione per l’ultima volta nel 2020, perché il fatto non sussiste.

“Non ero assenteista, anzi lavoravo anche più del dovuto”

Muraglia ha detto a Repubblica “Io timbravo in mutande perché abitavo nello stesso stabile del Comune in cui lavoravo come vigile e custode, la sede del mercato annonario, e tutte le occasioni in cui sono stato giudicato assente le ho contestate portando in aula i testimoni, le multe, le prove delle rimozioni e del lavoro che ho svolto. Mi hanno condannato prima di capire che non ero assenteista, anzi, lavoravo anche di più del dovuto”. Adesso l’amministrazione dovrà pagargli anche gli stipendi e i contributi arretrati degli ultimi otto anni. Circa 250mila euro, meno gli importi guadagnati negli anni dall’ex vigile accusato di truffa e di infedele timbratura del cartellino.

Infatti  Il vigile senza divisa aveva aperto un laboratorio come “tuttofare” nella manutenzione di condomini. In ogni caso sarà lui stesso a decidere se rientrare effettivamente al lavoro o accettare una buonuscita e proseguire con la sua seconda vita lavorativa,  intrapresa quando improvvisamente si era trovato senza lavoro Ma il vigile ha confessato a Repubblica: “Solo l’idea di poter rivestire la divisa che mi hanno strappato di dosso in quel modo, facendomi soffrire come un cane per otto anni, mi farebbe dire che sono pronto a riiniziare domani mattina. Comunque già solo sentenza vale per me come una grandissima rivincita”.

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Redazione PL