Racket “caro estinto”: restano in carcere i due imprenditori di Bolognetta

Pecoraro e Sclafani tacciono con il gip e restano in cella. I due imprenditori gestivano gli affari aiutati dal boss Polizzi, detenuto

Mario Pecoraro e Carlo Salvatore Sclafani, i due imprenditori fermati dai carabinieri a Bolognetta, davanti al gip di termini Imerese, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Non è stato convalidato il provvedimento di fermo, ma ad entrambi è stata applicata la custodia cautelare in carcere. Sono accusati di associazione mafiosa, estorsione, illecita concorrenza, falso e autoriciclaggio. I due si sarebbero messi a disposizione della mafia. E avrebbero tratto vantaggio nella loro attività imprenditoriale dal sostegno della famiglia di Misilmeri, comandata da Salvatore Sciarabba, arrestato nel blitz Cupola 2.0 del dicembre di tre anni fa.

CONDIZIONAMENTI AL COMUNE DI BOLOGNETTA

Secondo l’accusa Pecoraro e Sclafani sarebbero riusciti ad ottenere diversi lavori per le proprie ditte edili con pesanti condizionamenti sul Comune di Bolognetta. Inoltre una delle loro società che operava nel settore delle pompe funebri, avrebbe instaurato un vero e proprio monopolio del “caro estinto”. Sottoponendo a  intimidazioni chi non sottostava ai loro diktat, e stroncando con metodi mafiosi la concorrenza nel settore. Inoltre si sarebbero adoperati a redigere una documentazione falsa da presentate alla corte d’appello di Palermo per ottenere la revoca della dichiarazione di fallimento di una loro società.

UN VASTO CAMPIONARIO DI REATI. SEQUESTRATI 4 MILIONI DI EURO

All’operazione Domino, condotta dai carabinieri della compagnia di Misilmeri, fa da sfondo un vasto campionario di reati. Gli investigatori, grazie alle intercettazioni e alla dichiarazioni dei nuovi collaboratori di giustizia, hanno ricostruito passo dopo passo gli interessi e le manovre dei due imprenditori. Che avrebbero ricevuto dal carcere, da Polizzi, indicazioni precise sui metodi da utilizzare nelle loro attività. In un colloquio captato dalle microspie piazzate dai carabinieri, si fa riferimenti a pizzini. Ma anche al deputato trapanese Paolo Ruggirello, coinvolto in un’altra inchiesta antimafia, seppure per altri scopi. Si è provveduto al sequestro aziende, conti correnti e patrimonio immobiliare per un valore complessivo di circa 4 milioni di euro.