Il ricordo dell’indimenticabile: un anno fa moriva il più grande dei “10”

È trascorso un anno dalla morte di un icona, un simbolo, leggenda inimitabile della storia del calcio

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LA PLATA, ARGENTINA - JANUARY 24: Diego Maradona coach of Gimnasia y Esgrima La Plata looks on before a match between Gimnasia y Esgrima La Plata and Velez as part of Superliga 2019/20 at Juan Carmelo Zerillo Stadium on January 24, 2020 in La Plata, Argentina. (Photo by Marcelo Endelli/Getty Images)

Ricordare le gesta dei grandi campioni dello sport scomparsi è una “moda” da sempre assai comune. Per uno solo di loro però il ricordo era già nato già nel momento stesso in cui ha smesso di deliziare le platee, ancor prima che se ne conoscesse il futuro, o che se ne ne piangesse la morte. Diego Armando Maradona, infatti, non è stato semplicemente “Il miglior 10” o “Il campione” dello sport più amato al mondo. Diego è stato piuttosto un’icona, un simbolo, una leggenda inimitabile e ineguagliabile.

Così, quando un anno fa, il 25 novembre 2021, il cuore di Diego cessò di battere, il mondo intero si fermò a celebrare la memoria di colui che per sempre sarà il “10” per eccellenza. Dieci per classe, eleganza, carattere e determinazione in campo. Dieci per numeri, finte, dribbling, corsa ed un sinistro che con un pallone attaccato poteva fare qualunque cosa. Ma dieci, certamente, anche per eccessi fuori dal campo, una condotta non esemplare e un’“anarchia” fuori dal comune che solo lui poteva permettersi.

<<“Diego, devo andare a dormire che domani c’è allenamento. Lui mi rispondeva: “Vai pure, io domani non vengo”. Al campo in due anni l’avrò visto 20 volte. Ma era Maradona, talento puro.”>>. (Massimo Mauro)

IL 10 “GENIO E SREGOLATEZZA”

Tutto questo è stato Diego Armando Maradona, “genio e sregolatezza” che ha diviso per anni l’opinione pubblica, facendo di ciò la sua forza. Lui, Diego, a cui tutto era concesso. Poteva fare a meno di allenarsi, poteva anche arrivare in ritardo alle partite, provocando l’imbarazzo dei suoi allenatori, ma poi, quando scendeva in campo, era sempre lustro per gli occhi.

Adesso, che è trascorso un anno dalla sua morte, il mondo intero si sta fermando di nuovo, come già accadde il 25 ottobre 1997, quando il 10 per eccellenza del calcio mondiale giocò la sua ultima partita ufficiale. Anche in quell’occasione l’allora 37enne Maradona decise di lasciare il calcio in modo non banale, come mai banale fu tutta la sua vita. Lo fece nella partita per lui più importante di tutti, il “classico” di Argentina, giocato con la maglia del suo Boca Juniors contro i rivali storici del River Plate.

Da lì Diego iniziò a fare i conti con la vita, mentre il suo mito, esistito già dal primo momento in cui ha messo piede in campo, continuava ad essere tramandato. L’aumento di peso, l’operazione, i centri di disintossicazione, e in mezzo una non spumeggiante carriera da allenatore. Fino a quando, un altro 25, del mese di novembre del 2020, arrivò la morte, sorprendente, improvvisa e non priva di polemiche. Tutto, come nello stile che ha sempre contraddistinto la vita del “Diez”. L’unico la cui grandezza è riuscita a riempire per ore “Casa Rosada”, con migliaia di persone accorse per salutarlo per l’ultima volta.

Oggi corre il primo anniversario della scomparsa di Diego, doverosa occasione per ricordare colui che, a prescindere, è impossibile dimenticare. Perché il suo mito vivrà per sempre negli occhi e nei cuori degli amanti dello sport e non solo.