Rifiuti: bruciarli è un rischio per la salute, ma anche un reato penale

Ecco perché si dovrebbe evitare di compiere tali gesti e perché i danni che ne derivano sono maggiori dei benefici

bruciare rifiuti

In questi giorni a Palermo si assiste sempre più frequentemente ad incendi di cassonetti, o spazzatura di qualunque tipo, provocati dall’uomo. L’obiettivo di chi li appicca, di norma, è quello di incenerire i rifiuti accatastati e non prelevati da chi di competenza al fine di liberarsene. Tuttavia bisogna rimarcare come questi atti, oltre ad essere nocivi per la salute e potenzialmente pericolosi per l’incolumità pubblica, siano anche a tutti gli effetti dei reati penali punibili per legge.

La spazzatura incendiata e dunque incenerita, infatti, produce emissioni di sostanze cancerogene, dannose per l’organismo anche a livelli minimi di esposizione. Tra queste le diossine, il cadmio ed il particolato ultrasottile, capaci di interagire con il sistema endocrino umano e di alterarne le funzioni. Si tratta di sostanze persistenti, non biodegradabili ed anzi bioaccumulabili. Tali elementi risultano tossici sia per gli esseri viventi che per la catena alimentare.

CHI INCENDIA I RIFIUTI PUO’ FINIRE IN CARCERE

Inoltre, se non bastassero le possibili conseguenze sulla salute, chi incendia la spazzatura può finire anche in carcere. Il “reato di combustione illecita dei rifiuti” esiste infatti dal 2013 e può anche essere associato ad altri crimini, come il “delitto di incendio”, qualora vi fosse anche il solo pericolo che possa verificarsi un rogo che possa mettere a rischio l’incolumità di persone o abitazioni nelle vicinanze. La pena, come recita il codice dell’ambiente, può comportare una reclusione da due a cinque anni per “chiunque appicca il fuoco a rifiuti abbandonati, ovvero depositati in maniera incontrollata”.

Al fine di processare tale reato, in forma semplice, non serve dimostrare un effettivo danno all’ambiente o all’incolumità pubblica, ma basta il solo fatto di avere appiccato il fuoco. Qualora invece si tratti di rifiuti pericolosi, come quelli “ingombranti” o “speciali”, il capo di accusa va ad integrarsi con quello di “disastro ambientale”. In questo caso la pena può arrivare anche a 15 anni di reclusione.

Inoltre le pene si possono inasprire se il reato di combustione illecita viene perpetrato presso un’impresa. Qualora infatti siano i dipendenti di un’attività o persone comunque ad essa vicine a bruciare i rifiuti, il titolare riceverebbe una denuncia come autore materiale, al pari di colui che ha commesso il reato.

IL “REATO DI INCENDIO”

I rifiuti sono poi distinti in pericolosi e non pericolosi. Bruciare plastica, ad esempio, non comporta una pena similare a quella che ne deriva dai roghi di rifiuti ingombranti. Tuttavia bisogna stare comunque attenti, in quanto chi brucia questo tipo di materiale può comunque ricevere una “condanna per reato di combustione illecita di rifiuti in forma semplice.” Si possono bruciare i cosidetti “scarti vegetali”, tra cui sterpaglie, alberi o foglie, ma in minimi quantitativi e all’interno del proprio terreno. Contravvenire, provocando un “getto pericoloso di cose” come emissioni di gas o vapori che invadano altrui proprietà, prevede l’arresto fino a un mese o un ammenda di circa 200 euro.

Quando poi, a prescindere dalle sostanze che si bruciano, “dal fatto deriva pericolo per l’incolumità pubblica”, si può incappare nel “reato di incendio”, punibile dal codice penale con la reclusione dai tre ai sette anni. Il tutto anche se si incendiano cose proprie, il che può comunque provocare danno agli altri.

Per evitare di avere problemi di questo tipo basterebbe non appiccare mai incendi, in quanto anche il minimo rogo può creare gravi problemi, oltre che alla salute pubblica e all’ambiente, anche a chi si rende protagonista di simili gesti.