A Palermo le utenze commerciali che non pagano la Tari oscillano tra il 60 e il 70%, con picchi alla Zisa e all’Acquasanta. Ci sono bar e ristoranti, ma anche banche, alberghi e tanti negozi. Con pessime conseguenze per l’Amministrazione, costretta per legge ad accantonare in bilancio l’ammontare equivalente della evasioni registrate. Il risultato è che vengono sottratte tante risorse che invece che finire nel “fondo crediti” potrebbero essere destinate a scuole, strade, verde e sicurezza. Tutto ciò, anno dopo anno, ha creato un buco nero che fino a ora ha inghiottito poco più di 800 milioni di euro. Ma non solo con la Tari. Viene evasa anche la Tosap, l’imposta sulla pubblicità, quella sul suolo pubblico, quella di soggiorno e il Cup. Solo nel 2021 l’omesso versamento della Tari delle utenze non domestiche è stato di circa il 50 per cento, pari a 18,1 milioni su un totale di 36,6 milioni.
Per cercare di ovviare a questa pesante situazione, l’Amministrazione ha riattivato il regolamento antievasione, che era stato sospeso durante la pandemia. Per questo l’ufficio dello Sportello unico delle attività produttive ha provveduto a inviare alle aziende morose l’avviso di revoca della Scia, la segnalazione certificata di inizio attività per le morosità superiori ai mille euro che non si mettono in regola. La conseguenza è che ci sono 93 imprese che rischiano la revoca delle licenze se non provvedono al pagamento del dovuto, anche a rate. Fra i destinatari, come scrive il Giornale di Sicilia, ci sono ristoranti, supermarket e banche. Ma anche pizzerie, negozi di abbigliamento, pub, pizzerie e alberghi.
Se queste aziende non provvederanno a mettersi in regola, saranno costrette ad abbassare le saracinesche. Il provvedimento sta cominciando a produrre effetti. Venti aziende fra le 93 nel mirino del Comune si sono volontariamente messe in regola. Da sole hanno creato per le casse di Palazzo delle Aquile un gettito di circa due milioni e mezzo. In media circa 125 mila euro a testa. Questo significa che si potrebbe raggiungere l’obiettivo di recuperare i 21 milioni dalle 1300 posizioni irregolari verificate.