Pensionati siciliani contro l’assessore regionale alla Salute Ruggero Razza

“Attendiamo da mesi la convocazione da parte dell’assessorato regionale alla Salute, al quale abbiamo più volte trasmesso richieste urgenti di confronto in considerazione delle nuove emergenze sanitarie legate al Coronavirus ma, ad oggi, non abbiamo registrato alcun esito in termini di interlocuzione e individuazione di misure concrete a sostegno dei soggetti più fragili, completamente abbandonati in questo momento così complesso e denso di incognite”: con queste parole, i segretari generali di Spi Cgil, Fnp Cisl e Uilp Uil Sicilia Maurizio Calà, Alfio Giulio e Antonino Toscano si rivolgono a Ruggero Razza, titolare della Salute del governo Musumeci, con particolare riferimento ai focolai rappresentati nell’isola dal territorio di Sambuca di Sicilia, in provincia di Agrigento, divenuto “zona rossa” a seguito dei casi di contagio, ad oggi oltre sessanta, avvenuti presso la RSA.
“Gli incredibili fatti  avvenuti nel Comune belicino – affermano gli esponenti sindacali – dove quattro ospiti della Residenza Sanitaria Assistita sono purtroppo deceduti, hanno rivelato in tutta la loro tragicità le falle del sistema sanitario regionale: il vademecum stilato dalla Regione Siciliana proprio in materia di trattamento degli anziani nelle strutture come quella di Sambuca poteva rappresentare una base di partenza, ma non è stato seguito da alcun intervento concreto in materia, e a farne le spese, ovviamente, sono proprio i soggetti deboli, che hanno maggiore bisogno di cure, quali ultrasessantenni, disabili e pensionati”.
I sindacati stigmatizzano la condotta del governo regionale soprattutto in materia di monitoraggio e controllo della corretta applicazione delle linee guida.
“Ad oggi – affermano Calà, Giulio e Toscano – non abbiamo alcuna notizia di controlli effettuati dalle Asp e dagli organi preposti a tale compito e ciò dà la misura della gestione caotica ed estremamente superficiale tenuta dall’assessorato alla Salute, che continua a snobbare le nostre richieste di chiarimento”.
“Occorre rivisitare in chiave critica – affermano – l’intero sistema delle RSA, e individuarne correttamente ruoli, operatività e modelli organizzativi oltre a fissare i criteri che regolano l’accreditamento ed eventuali controlli interni ed esterni dai quali il sindacato non può rimanere escluso”.
Altro capitolo che le sigle dei pensionati considerano di fondamentale importanza è quello della medicina territoriale e, a tal proposito, tirano in ballo l’esempio della Regione Veneto dove l’emergenza è stata arginata grazie alla fitta rete sanitaria che ha consentito di evitare il peggio.
Un modello, secondo i pensionati, al quale la Sicilia avrebbe dovuto ispirarsi e che ora rischia di non potere più essere compiutamente messo in atto per via delle esigenze di ospedalizzazione divenute sempre più numerose a seguito dei nuovi contagi.
“In Sicilia – chiariscono – è mancata l’applicazione della legge 5 del 2009 che fissa i criteri per l’organizzazione della medicina sul territorio”.
“Inoltre – proseguono – occorrerebbe sapere se sia stato dato seguito all’applicazione delle USCA, ovvero le Unità Speciali di Continuità Assistenziale, per le quali sono state stanziate specifiche risorse finanziarie e che, congiuntamente all’assistenza domiciliare integrata, limitano il ricorso estremo all’ospedalizzazione, fungendo da filtro tra i casi realmente necessari e tutto il resto”.
“Inoltre  –  sottolineano i tre sindacalisti –  all’aumento dei posti letto, anche in terapia intensiva, dovrebbe corrispondere l’incremento del personale, perché quello già in servizio non può coprire l’intero fabbisogno”.
“Alla luce di tutte queste considerazioni, che necessitano di un confronto immediato – avvertono – continuiamo a chiedere una convocazione da parte dell’assessorato e, se ciò non dovesse realizzarsi in tempi rapidissimi, allora, seppure con tutte le limitazioni imposte dal Covid 19, ricorreremo alla mobilitazione nei territori dell’isola per costringere la politica ad attuare un’inversione di rotta”.
“Soprattutto – concludono – occorre cambiare la visione del territorio, che non può essere considerato esclusivamente il luogo di offerta ed erogazione di singole prestazioni, ma la sede di un governo in grado di rispondere alle istanze delle popolazione, prevedendo in primis una presa in carico di tutti quei soggetti che, a vario titolo, necessitano di particolare assistenza da parte della sanità pubblica in quanto fragili”.
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Redazione PL