Baiardo ancora da Giletti, ecco chi è il collaboratore di giustizia che ha previsto la cattura di Matteo Messina Denaro

Una nuova intervista in onda stasera, domenica 22 gennaio, alle 21.15 su La7

Baiardo

L’arresto del boss Matteo Messina Denaro ha visto l’immediato ritorno alla ribalta di un’intervista concessa qualche mese fa da Salvatore Baiardo a Massimo Giletti. Uno stralcio della conversazione tra i due, in particolare, ha preso a fare il giro dei social e degli articoli di stampa: è quello in cui, parlando della tematica dell’ergastolo ostativo, Baiardo accenna ad una sorta di trattativa che avrebbe potuto portare in carcere l’ultimo degli stragisti.

E magari chi lo sa che avremo un regalino – ipotizza Baiardo -. Magari presumiamo che un Matteo Messina Denaro sia molto malato, che faccia una trattativa lui stesso per consegnarsi e fare un arresto clamoroso? Così arrestando lui magari esce qualcuno che ha l’ergastolo ostativo senza che ci sia clamore…”.

Frasi che hanno generato dubbi e perplessità sulla cattura del padrino di Castelvetrano, gettando su di essa una fosca ombra. Massimo Giletti è dunque tornato alla carica raggiungendo nuovamente il collaboratore di giustizia: l’intervista andrà in onda stasera, domenica 22 gennaio, alle 21.15 su La7. 

Salvatore Bariardo, chi è collaboratore di giustizia che aveva previsto la cattura dell’ex “Primula Rossa”

Salvatore Baiardo è un piemontese di origini siciliane. Il suo nome si lega ai fratelli Graviano, Filippo e Giuseppe, due dei quattro figli di Michele Graviano, costruttore edile e “uomo d’onore” di Brancaccio ucciso nel 1982 da Gaetano Grado e Rosario D’Agostino. Divenuti nel 1990 capi del mandamento di Brancaccio-Ciaculli, i due furono, tra l’altro, i mandanti dell’assassinio di don Pino Puglisi, avvenuto il 15 settembre 1993. 

I carabinieri arrestarono i due Graviano il 27 gennaio 1994 a Milano; erano a cena in un ristorante con le rispettive fidanzate e alcune persone arrivate dalla Sicilia. 

Salvatore Baiardo ha scontato quattro anni di carcere per favoreggiamento e riciclaggio di denaro proprio a favore dei fratelli Graviano, che avrebbe aiutato negli anni della latitanza al nord. Poi la decisione di divenire collaboratore di giustizia.

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