Il 25 giugno 2012 segna una data che Lidia Vivoli, palermitana, “donna coraggio”, non dimenticherà mai. Quella notte, l’uomo con cui aveva una relazione l’aggredì brutalmente nel sonno, tentando di ucciderla colpendola ripetutamente con delle forbici. Nonostante la ferocia dell’attacco, Lidia è sopravvissuta e da quel giorno dedica la vita alla lotta contro la violenza di genere, per far sì che nessun altra donna possa vivere la sua tragica esperienza.
“Essere aggredita da chi ti ha giurato amore poche ore prima lascia ferite profonde – racconta Lidia –. Ho subito gravi danni fisici, diverse ossa rotte, e ne porto le conseguenze ancora oggi, con la fibromialgia e la sindrome da stress post-traumatico. Ma il dolore peggiore è stato quello di ritrovarmi sola, abbandonata dagli amici che lui aveva minacciato.” Nonostante la solitudine, Lidia ha trovato la forza di rialzarsi e andare avanti, riflettendo sul significato della sua sopravvivenza. Questo l’ha portata a una missione chiara: aiutare altre donne e tutte le vittime di violenza, a prescindere dall’età, dal genere o dal contesto.
Con il sostegno del suo avvocato Vincenzo Greco, Lidia ha fondato l’associazione Crisalide, con sede a Palermo, in via Marchese Villabianca, che offre supporto gratuito alle vittime di violenza. Attraverso Crisalide, le vittime ricevono ascolto, assistenza legale e psicologica, in un percorso di ricostruzione personale e sociale. “Le donne sono seguite, appoggiate e supportate gratuitamente, perché non si fa mai questo a scopo di lucro. Se vuoi donare agli altri una seconda chance, lo fai soltanto a titolo gratuito”.
In questi anni, la battaglia di Lidia non si è fermata all’attivismo sociale. Con una raccolta di 151.000 firme, ha contribuito all’approvazione di una legge inserita nel Codice Rosso, che estende il termine per denunciare uno stupro a un anno. Ora, con 89.000 firme raccolte, si batte affinché le donne vittime di violenza siano incluse nelle categorie protette, offrendo loro opportunità di lavoro e indipendenza economica.
Oltre al lavoro per e con le vittime, Lidia ha trovato una nuova ragione di vita nei suoi due gemelli, “Il più grande dono che la vita e Dio” potessero farle. “Li sto crescendo in modo che qualunque delle vostre figlie un giorno esca con mio figlio, sappia che sarà mio figlio a far da scudo in caso di aggressione, e una figlia che pretende rispetto in ogni futura relazione,” dice con orgoglio.
Perché il cambiamento passa attraverso l’educazione: insegnare ai figli il valore del rispetto reciproco è la chiave per una generazione futura libera dalla violenza. “Se riusciamo ad istruire i nostri figli al rispetto reciproco, allora io avrò compiuto la mia missione e sarò libera da questo fardello, da questo senso di colpa che mi viene ogni volta che qualche donna subisce violenza. Noi abbiamo il diritto di essere felici, di lavorare, di essere indipendenti e di vivere senza paura”.