Al centro del recente scandalo che ha investito la gestione delle finanze del Vaticano c’è l’alto prelato sardo Angelo Giovanni Becciu, già Nunzio apostolico. Il porporato, meno di due settimane fa, dopo una tumultuosa udienza con papa Francesco si è dimesso dalla carica di prefetto della Congregazione delle cause dei santi, ed ha perso i diritti di cardinale. Come se non bastasse, sono saltati fuori anche alcuni bonifici sospetti, partiti dalla Segreteria di Stato vaticana e diretti a una società slovena. Con a capo, in qualità di managing director, una manager sarda, Cecilia Marogna.
BONIFICI PER 500MILA EURO
La cifra totale dei bonifici diretti alla “Log sic doo”, la società della signora sarda con sede a Lubiana, si attesta intorno a 500mila euro. L’ex cardinale Becciu e la Marogna hanno in comune l’origine isolana. Lei, 39 anni, non è una parente, ma una persona in cui il prelato riponeva “fiducia e stima per la serietà della sua vita e della sua professione”. Scriveva così Becciu tre anni fa, quando era Sostituto agli Affari generali della Segreteria di Stato. Ed è per suo ordine che monsignor Alberto Perlasca ha disposto il via libera al flusso di denaro. Che partiva dal Vaticano per finire nel conto della società della Marogna, che aveva il compito ufficiale di fare da mediatrice in Asia e Africa, continente in cui Becciu è stato Nunzio apostolico.
SOLDI SPESI NELLE BOUTIQUE DI LUSSO ROMANE
Un lavoro da mediatrice da espletare soprattutto per i casi di religiosi sotto sequestro. In particolare, la missione della Marogna era quella di organizzare incontri per conto della Santa Sede, tessere rapporti. Ma, secondo gli inquirenti, quei soldi sarebbero stati usati nelle boutique di lusso romane: per acquistare borse Prada, Chanel, abiti firmati e cosmetici. Altri 200mila euro sarebbero ancora fermi nel conto della manager, domiciliata a Milano. Sulle tracce ci sono appunto gli investigatori della Santa Sede, coordinati dai promotori di giustizia Gian Pietro Milano e Alessandro Diddi.