Scomparsa di Emanuela Orlandi, 40 anni di inchieste e misteri: tutte le tappe del caso

Ripercorriamo insieme i 40 anni legati alla misteriosa scomparsa di Emanuela Orlandi attraverso le tappe salienti del caso

Dopo quarant’anni di inchieste e misteri, si riaccendono i riflettori sul caso di Emanuela Orlandi. L’inaspettata decisione del Vaticano di riaprire le indagini sulla scomparsa della ragazza sparita nel nulla nel lontano giugno del 1983, all’età di soli 15 anni.

Piste, testimonianze ed intercettazioni che nel tempo si sono scontrate contro l’alto muro dell’omertà e che adesso, forse, si è pronti ad abbattere. Ripercorriamo insieme questi 40 anni attraverso le tappe salienti del caso.

La scomparsa

Emanuela Orlandi scompare il 22 giugno 1983. Uscì dalla sua abitazione intorno alle ore 16:00 per recarsi alle lezioni di musica in piazza Sant’Apollinare. All’uscita, la ragazza telefonò da una cabina alla sorella maggiore riferendole che un uomo l’aveva fermata proponendole un lavoro di volantinaggio. La sorella le suggerì di tornare a casa per parlarne con la madre. Emanuela, dopo la telefonata, aspettò l’uscita delle altre due compagne di corso per tornare a casa. Le due ragazze salirono su due autobus diversi dirette a casa, mentre, a detta di una di loro, Emanuela non salì sul mezzo perché troppo affollato, dicendo che avrebbe atteso quello successivo. Da quel momento dell’Orlandi si perse ogni traccia.

La denuncia e le chiamate

I familiari, non vedendo rincasare la ragazza, si recarono subito in commissariato per denunciarne la scomparsa ed avviare le ricerche. La notizia intanto rimbalzò anche sui maggiori quotidiani nazionali, i quali riportarono la foto di Emanuela sorridente, quella che tutt’oggi conosciamo. Qualche giorno dopo, dopo una serie di telefonate non attendibili, arrivò agli Orlandi una chiamata da parte di un giovane che diceva di chiamarsi “Pierluigi”. Egli di aver incontrato a Campo dei Fiori una ragazza somigliante ad Emanuela, che aveva con sé un flauto e diceva di chiamarsi “Barbara”. Il ragazzo, tuttavia, rifiutò ogni ulteriore collaborazione per rintracciare la ragazza e di incontrare di persona i familiari.

L’attentato a Wojtyla

Tra le altre telefonate, a catturare l’attenzione, quelle anonime di un certo americano il quale chiede una linea telefonica diretta con il Vaticano promettendo la liberazione di Emanuela in cambio di quella di Ali Ağca, l’attentatore di Papa Giovanni Paolo II. L’uomo fa ascoltare ai genitori un nastro con registrata la voce di ragazza con accento romano, ma nessuna pista viene mai tracciata. Non vengono di fatto mai fornite prove che dimostrino l’esistenza in vita di Emanuela né tantomeno che la ragazza sia effettivamente ostaggio del presunto uomo legato ad Ağca.

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La tomba del boss della Magliana

Una svolta alle indagini arriva nel 2005, durante la trasmissione “Chi l’ha visto”. In diretta arriva la telefonata di un anonimo che invita a vedere chi è sepolto nella basilica di Sant’Apollinare, vicino all’Accademia che frequentava Emanuela. Il defunto è Enrico De Pedis, detto Renatino, boss della Banda della Magliana, ucciso nel febbraio del 1990. L’inviata della trasmissione era riuscita ad ottenere le foto della tomba e i documenti originali relativi alla sepoltura del boss, voluta ed autorizzata dal cardinale Ugo Poletti, allora presidente della CEI.

Sabrina Minardi

Nel 2008, prende corpo la pista che lega la sparizione di Emanuela all’organizzazione criminale della Banda della Magliana. Sabrina Minardi, compagna di De Pedis, rivela che Emanuela è stata uccisa e il suo corpo, rinchiuso in un sacco, gettato in una betoniera a Torvaianica. Secondo la donna, la 15enne sarebbe stata rapita dal boss e tenuta prigioniera in un’abitazione vicino a piazza San Giovanni di Dio, consegnata poi a dei prelati. Le dichiarazioni della Minardi vengono riconosciute dagli inquirenti come parzialmente incoerenti ma acquistano maggior credibilità nell’agosto 2008, a seguito del ritrovamento nel parcheggio di Villa Borghese della BMW che la stessa ha raccontato di aver utilizzato per il trasporto di Emanuela Orlandi.

L’archiviazione del caso

Nel maggio 2012, viene aperta la tomba di De Pedis ma, a parte l’identificazione del corpo del boss, nient’altro emerge ai fini dell’indagini. Nell’ottobre del 2015 il GIP, su richiesta della Procura, archivia l’inchiesta sulla sparizione di Emanuela Orlandi poiché “Da tutte le piste seguite e maturate sulla base di dichiarazioni di collaboratori di giustizia e di numerosi testimoni, di risultanze di inchieste giornalistiche e anche di spunti offerti da scritti anonimi e fonti fiduciarie, non sono emersi elementi idonei a richiedere il rinvio a giudizio di alcuno degli indagati”.

 

La tomba del cimitero all’interno della Santa Sede

Nel marzo del 2019, il legale della famiglia Orlandi presenta istanza al Segretario di Stato Vaticano per ottenere maggiori informazioni su una tomba del cimitero teutonico all’interno della Santa Sede. Il Vaticano autorizza l’apertura di un’inchiesta e avvia accertamenti sulla sepoltura per fugare ogni dubbio. Nell’aprile 2020, il Giudice Unico del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano archivia tutto. Le perizie concludono che i reperti sono databili ad epoca anteriore alla scomparsa della ragazza.

Perché il Vaticano ha riaperto le indagini sulla scomparsa di Emanuela Orlandi