“Sconosciuta” a tre nazioni. E’ quanto accade ad Alessandra B., cittadina palermitana che, dopo una vacanza in Irlanda, si trova ora al centro di intricate dinamiche che certamente non si sarebbe mai aspettata.
L’inizio della storia è semplice: al momento del test per tornare in Italia, Alessandra scopre di essere positiva al Covid. Osserva l’isolamento in maniera scrupolosa e il 18 gennaio, negativizzatasi, rientra a Palermo. Tuttavia, non riesce a ottenere il certificato di guarigione dagli enti esteri competenti, il che si ripercuote naturalmente sulla scadenza del suo Green Pass. Quello da vaccino scadrà infatti tra qualche giorno e per lo Stato italiano Alessandra dovrebbe quindi fare la terza dose. Senza un certificato, infatti, il contagio e la conseguente guarigione da Covid non possono esserle riconosciuti e quindi il Green Pass da guarigione non può essere generato. Qui di seguito la testimonianza della donna a Palermo Live.
“Sono stata in vacanza in Irlanda, dovevo tornare i primi di gennaio. Faccio il test Covid prima della partenza e risulto positiva. Ho fatto il test in un centro di analisi che si chiama “Randox”, uno dei due centri ufficiali consigliati prima della partenza dall’aeroporto di Dublino. Già da subito una cosa strana: mi contatta l’NHS, il sistema nazionale sanitario dell’Inghilterra. Mi contatta dunque uno Stato differente da quello in cui sono stata, fornendomi informazioni su come fare l’isolamento ed altro. A quel punto mi sono informata su internet, pensando che l’Irlanda si appoggiasse all’NHS per mancanza di personale o motivi del genere. Ritenevo plausibile ci potesse essere un motivo logico per ciò che mi stava accadendo, ma scoprirò poi che così non è”.
“Ad ogni modo, io faccio la mia regolare quarantena, che sia in Inghilterra che in Irlanda è di dieci giorni. Anche se, nella mail che mi mandano, mi spiegano che, in caso di assenza di febbre negli ultimi cinque dei dieci giorni, la quarantena può terminare. Non funziona, insomma, come in Italia che devi stare a casa aspettando il tampone, ma diciamo che “si fidano”. Io, che ero asintomatica e ho scoperto di essere positiva solo dopo avere effettuato il test per partire, in seguito alla quarantena aspetto altri due giorni e prenoto un altro test sempre nello stesso centro “Randox”. Effettuo il secondo tampone il 18 gennaio e risulto negativa“.
“Dunque rientro in Italia, ma solo grazie al mio Green Pass da seconda dose di vaccino. Tutto ciò perché mentre ero in Irlanda non potevo richiedere il certificato perché i tempi previsti per poterlo fare non erano ancora trascorsi. Ho aspettato dunque di tornare in Italia; rientro, vado per inserire i miei dati e il sistema irlandese non mi riconosce. Allora provo con quello inglese, ma non mi riconosce nemmeno. Decisa a chiarire la situazione, scrivo allora a Randox, ma a ogni mia mail ottengo solo risposte automatiche non utili al mio fine. Dunque in pratica non esisto per l’Irlanda, non esisto per l’Inghilterra e in Italia non posso ottenere il Green Pass solamente con l’esito dei due tamponi”.
Il racconto di Alessandra prosegue. “Io mi sono vaccinata a luglio, quindi tra qualche giorno mi scadrà il Green Pass e mi ritroverò senza pur avendo due dosi e il Covid alle spalle. Lo Stato italiano si aspetta che io faccia la terza dose, ma naturalmente mi preoccupa avendo già gli anticorpi. Tuttavia non lo posso dimostrare perché ho i due test – non i certificati – e a quanto pare non bastano“.
“Ho chiamato il numero verde italiano e spiegato la mia situazione; mi hanno detto che potrei provare tramite l’Asp ma che senza certificato probabilmente la mia richiesta sarà respinta. Insomma, sta diventando una cosa allucinante, perché lo Stato italiano vuole il certificato. Non basta che i test dimostrino che ho avuto il Covid e sono guarita. Ci vuole “un pezzo di carta” in più di un’autorità statale, italiana o irlandese, che attesti la malattia e la guarigione. Altrimenti è come se io non avessi avuto il Covid e dovrei fare la terza dose due settimane dopo essere guarita, praticamente“.
Insomma, una situazione complicata per Alessandra, che si scontra con risposte automatiche e form prestabiliti che di certo non l’aiutano. “Questo centro “Randox” ha mandato i dati al Paese sbagliato e mi hanno spiegato che è una cosa automatica del sistema. Loro infatti operano sia nel Regno Unito che in Irlanda. Io sono due giorni che non faccio altro che contattarli. Anche su internet è complicato trovare una mail per parlare con qualcuno”.
“Posso capire l’errore iniziale, magari l’invio dei dati è avvenuto in automatico. Magari la sede del centro è in Inghilterra. Ma resta il fatto che se l’aeroporto di Dublino riconosce come irlandese questo centro, loro devono comunicare anche con l’Irlanda spontaneamente. Io sto sollecitando, ma così io resto senza Green Pass perché adesso scade. Ho i test, ma non bastano. Ho bisogno di un certificato ma l’Irlanda non me lo dà perché non mi riconosce come paziente malata e guarita lì. L’Inghilterra non sa nemmeno che esisto, mi chiedono nei moduli automatici un post code che io ovviamente non ho e non c’è l’opzione per chi non si trova in Inghilterra”.
“Mi hanno consigliato di parlare o con l’ambasciatore irlandese in Italia o con quello italiano in Irlanda. Ho fatto tutto in regola – conclude la palermitana -. Ho fatto l’isolamento, li ho contattati per sapere come comportarmi. E ora sono in un limbo”.
(Intervista di Michele Cusumano)