Semafori blu, arriva il quarto colore e vanno tutti in tilt | Passi liscio l’incrocio solo se sai a cosa serve

Semafori blu - fonte pexels - palermolive.it
Abbiamo sempre pensato che i colori dei semafori fossero, verde, rosso e arancione, ma adesso arriva anche quello blu
In Giappone, e in alcuni altri Paesi, può capitare di vedere un semaforo blu invece del classico verde. Questa curiosa scelta cromatica è legata alla storia della lingua giapponese e alla percezione dei colori nella cultura locale. La spiegazione risiede nel fatto che, in passato, il colore verde non era considerato un’entità separata, ma una semplice sfumatura del blu. Fino a tempi relativamente recenti, la lingua giapponese riconosceva solo quattro colori principali: bianco, nero, rosso e blu.
Quest’ultimo termine, “ao”, comprendeva anche ciò che oggi chiamiamo verde. Solo in epoche successive, con l’evoluzione del linguaggio, il giapponese ha introdotto un termine specifico per il verde, ovvero “midori”. Nonostante questo cambiamento linguistico, l’abitudine di considerare il verde come una tonalità di blu è rimasta radicata nella cultura e si riflette ancora oggi in alcuni aspetti della vita quotidiana.
La necessità di distinguere chiaramente il blu dal verde si fece più pressante durante la Seconda Guerra Mondiale, quando la precisione nella denominazione dei colori divenne essenziale per la produzione di mezzi militari, come gli aerei. Fu in quel periodo che la distinzione tra “ao” e “midori” divenne più netta, ma senza mai scomparire del tutto dall’uso comune.
Nel 1968 venne firmata la Convenzione di Vienna sulla Segnaletica Stradale, un accordo internazionale volto a uniformare i segnali stradali in tutto il mondo. Tuttavia, il Giappone decise di non aderire a questa convenzione, rimanendo libero di mantenere i propri standard cromatici per la segnaletica. Questo permise di continuare a utilizzare il blu nei semafori, almeno fino a quando il governo decise di apportare una modifica.
Il compromesso del 1973
Nel 1973, il Giappone decise di adeguarsi agli standard internazionali e adottare il verde per il segnale di via libera. Tuttavia, per mantenere un legame con la tradizione e rendere la transizione più naturale per la popolazione, scelse una tonalità di verde particolarmente vicina al blu. Questo compromesso permise di conservare la percezione culturale del colore, senza allontanarsi completamente dalle normative globali.
Negli anni successivi, l’introduzione dei semafori a LED ha contribuito ad attenuare la differenza tra il verde e il blu. Le nuove tecnologie hanno reso i colori più brillanti e uniformi, facilitando l’adattamento della popolazione al cambiamento cromatico. Oggi, i semafori giapponesi possono apparire verdi agli occhi di molti, ma la tradizione linguistica e culturale continua a influenzare la loro percezione.

Un fenomeno culturale unico
Il caso del semaforo blu è un perfetto esempio di come la cultura e la lingua possano influenzare aspetti apparentemente banali della vita quotidiana. Mentre nel resto del mondo il verde è universalmente riconosciuto come il colore del via libera, in Giappone la storia e la tradizione hanno contribuito a mantenere una sfumatura unica, che ancora oggi distingue il Paese dagli altri.
Nonostante i cambiamenti tecnologici e le influenze internazionali, il semaforo blu rimane un piccolo ma significativo dettaglio della cultura giapponese. Questo elemento, apparentemente insignificante, racconta una storia di evoluzione linguistica e di adattamento culturale, dimostrando come anche i dettagli più quotidiani possano nascondere profonde radici storiche.