Sette condanne per il clan di corso Calatafimi, 20 anni al boss Annatelli

Gli imputati erano stati arrestati nel blitz Eride del luglio dello scorso anno. 80 anni al clan di corso Calatafimi, di cui 20 a Filippo Annatelli, capo della famiglia

Ieri si è chiuso il processo col rito abbreviato scaturito dall’operazione Eride del 21 luglio dello scorso anno. Per la rete di trafficanti e spacciatori che avrebbe operato per conto della cosca di corso Calatafimi ci sono state sette condanne e tre assoluzioni. Il Gup Simone Alecci ha inflitto ai componenti della famiglia mafiosa oltre ottant’anni di carcere. Un verdetto severo, considerando la riduzione delle pene prevista dal rito alternativo. La pena più pesante, 20 anni, è stata inflitta al boss Filippo Annatelli, riconosciuto come esponente di spicco della famiglia. Ma c’è stata una condanna pesante anche per Salvatore Mirino, indicato dagli inquirenti come affiliato a Cosa nostra e braccio destro di Annatelli. Per lui 14 anni. Inoltre, 12 anni per Giuseppe Massa, detto “chen” , 11 anni e 8 mesi ciascuno per Paolo Correnti , detto “mezzaricchia”, e Francesco Li Vigni, detto “testa i chiummu”. Inoltre 9 anni a Giovanni “Johnny” Granatelli e due anni a Ferdinando Giardina.

I “CASTING” IN UNA AGENZIA DI POMPE FUNEBRI

Secondo gli inquirenti, il clan di corso Calatafimi, guidato dal boss Filippo Annatelli, per rimpinguare le casse di Cosa nostra piuttosto in deficit, ha lanciato la famiglia nel traffico di droga.  Per questo il boss si era impegnato a riorganizzare la famiglia. Per questo, puntualmente, contattava tutti coloro che lasciavano il carcere. Sondava il terreno, e chiedeva la loro disponibilità a partecipare al business della droga che stava avviando. Annatelli faceva questa specie di “casting” in una agenzia di pompe funebri messa a sua disposizione per i summit. Ma gli inquirenti avevano predisposte delle “cimici”, e così ascoltavano e registravano tutti gli incontri.

TRE ASSOLUZIONI

Ci sono stati anche degl imputati totalmente scagionati e quindi assolti. Uno è Enrico Scalalavino, detto “Muschidda”, una delle figure principali dell’inchiesta, più volte condannato per estorsioni. Per lui i pm avevano chiesto una condanna a 20 anni. Assolti anche Vincenzo Cascio e André Mattia Cinà. Per tutti e tre è stata immediatamente disposta la liberazione dagli arresti domiciliari a cui si trovavano sottoposti. Questi imputati erano difesi dagli avvocati Antonio Turrisi, Matteo La Barbera, Stefano Santoro, Michele Giovinco, Nino Pisciotta e Tommaso De Lisi.