Parmigiana di melenzane, anelletti al forno, arancine e ciambelle fritte? La legge consente al consumatore di poterli portare nei lidi e stabilimenti balneari privati. Il problema, al massimo, è solo come digerirli. I proprietari balneari non possono imporre alcun divieto di consumo di cibo proprio sotto l’ombrellone e nemmeno imporre i propri prodotti alimentari.
A dare una spiegazione in merito è l’associazione dei consumatori Udicon (Unione per la difesa dei consumatori). “E’ sconcertante constatare come alcuni gestori di stabilimenti balneari continuino a imporre divieti illegittimi, come quello di introdurre cibo dall’esterno”, spiega Martina Donini, presidente nazionale Udicon a Adnkronos. “Questo comportamento non solo viola i diritti dei consumatori, ma è anche contrario alla legge”.
Secondo la legge è sempre consentito portare e consumare cibo proprio in spiaggia, e questo vale anche all’interno degli stabilimenti balneari. A darne conferma l’art.822 del Codice Civile, gli arenili e le aree antistanti al mare appartengono allo Stato e non possono essere venduti. Ma solo forniti in concessione a privati.
La concessione demaniale riguarda i “servizi spiaggia”, come lettini e ombrelloni, ma non la ristorazione. Perciò nessuno stabilimento può obbligare i consumatori ad utilizzare i bar o i ristoranti del lido, a condizione di rispettare il decoro del luogo. “In molte località balneari, soprattutto quelle considerate più esclusive e chic, questa pratica è ancora diffusa- prosegue la presidente Udicon- È fondamentale ribadire che nessun gestore di stabilimenti ha il diritto di imporre queste restrizioni. Il consumatore è libero di portare con sé cibo e bevande”.
“Purché lo si faccia nel rispetto delle regole di civile convivenza, evitando eccessi come pic-nic improvvisati che possano disturbare gli altri bagnanti. In queste situazioni, deve sempre prevalere il buon senso, sia da parte dei consumatori sia da parte dei gestori dei lidi”, conclude Donini.