La Sicilia fuori dal governo Draghi. Per il M5S è uno schiaffo all’Isola

Il presidente della regione Musumeci invece, che non ci siano ministri siciliani sembra non notarlo neppure

Sicilia

La Sicilia si trova fuori dal nuovo governo, quello annunciato dal presidente del Consiglio Mario Draghi che giurerà a mezzogiorno e che nei prossimi giorni dovrà ricevere la fiducia delle Camere. Nessun ministro, con o senza portafoglio, giurerà nelle mani del Presidente della Repubblica, il siciliano Sergio Mattarella, diversamente dall’ultimo esecutivo, il Conte bis, dove i ministri provenienti dalla nostra regione erano quattro, la siciliana Lucia Azzolina all’Istruzione, la catanese Nunzia Catalfo al Lavoro e il mazarese Alfonso Bonafede alla Giustizia, tutti di “marca” M5S, oltre al ministro senza portafoglio Giuseppe Provenzano, del Pd, con delega al Sud e alla coesione territoriale, passata adesso alla salernitana Mara Carfagna di Forza Italia.

IN QUESTO GOVERNO NON C’E’ NEANCHE UN SICILIANO

Se nel Conte bis la Sicilia era la regione più rappresentata, dopo la Campania, adesso è sparita dalla mappa geografica dei ministri, fortemente sbilanciata verso nord. E il dato, da statistico diventa politico con le prese di posizione che arrivano da quel Movimento cinque stelle che, se pure è rimasto nella maggioranza che sostiene il nuovo esecutivo e nella compagine di governo con quattro ministri, la delegazione più numerosa, deve affrontare una lacerazione con la parte interna che aveva detto no a questa coalizione allargatissima e che è già costata l’uscita di Di Battista e i malumori di esponenti come Toninelli.

E come il capo delegazione grillino a Bruxelles, Ignazio Corrao, tra i primi a rilevare che “in questo governo dei migliori non c’è neanche un siciliano. Cinque milioni di abitanti e posizione strategica unica, ma neanche un Angelino Alfano o un Faraone di bandiera. Niente. Ci sono 9 lombardi, 4 veneti più 5 da altre regioni del nord, 5 dal Sud e zero dalle isole”. Poi, con sarcasmo, Corrao aggiunge “E’ un governo che vuole invertire la rotta e colmare il gap al sud e isole, non ci sono dubbi”.

“NON ERA QUESTO CHE LA SICILIA SI ASPETTAVA”

Se il capo politico del M5S Vito Crimi, siciliano anche lui e viceministro dell’Interno nel Conte bis, si dice soddisfatto per il nuovo esecutivo, una presa di posizione netta impregnata di forte delusione viene dal gruppo dei grillini all’Assemblea regionale siciliana. “Non era certo questo il governo che ci aspettavamo e che ci si aspettava soprattutto in Sicilia. Siamo delusi sia dal nome dei ministri, che dalla loro provenienza geografica. La Sicilia è stata totalmente dimenticata, e in questo momento storico, con la programmazione del recovery fund, questo può essere devastante, contribuendo ad allargare ancora di più il gap tra Nord e Sud. Se fossimo al posto dei parlamentari siciliani a Roma non voteremmo la fiducia a questo governo Draghi”.

“NON SI PUO’ NON NOTARE L’ASSENZA DI SICILIANI AL GOVERNO”

E il capogruppo Giovanni Di Caro aggiunge “La Sicilia è sempre stata una roccaforte per il Movimento 5 stelle, non essere rappresentata nell’esecutivo è uno schiaffo per i nostri cittadini, che non meritavano. Inoltre abbiamo ceduto ministeri chiave e capisaldi dell’azione politica del Movimento, primo fra tutti il ministero del Lavoro”. Fuori dal Movimento cinque stelle, dalla Sicilia poche voci e nessuna particolarmente indignata o scandalizzata per la sparizione di ministri siciliani. Del resto, tranne Fratelli d’Italia, tutti i partiti sono felicemente accasati nella nuova maggioranza. Il presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè si limita a un “Non si può non notare l’assenza di siciliani al governo, anche se il Ministero dl Sud a Mara Carfagna mi rende felice. Speriamo nei sottosegretari”.

Il presidente della regione Musumeci invece, che non ci siano ministri siciliani sembra non notarlo neppure e si è già precipitato a fare gli “Auguri di buon lavoro al presidente Draghi ed al nuovo governo”. Cortesia istituzionale a parte, il governatore assicura che “La Sicilia è pronta a mettersi al tavolo del confronto sui dossier ancora aperti: misure economiche, attuazione dello Statuto, sburocratizzazione per le opere pubbliche e grandi infrastrutture, solo per citare alcuni esempi”