Sicilia, Claudio Fava lascia la politica: “Mi fermo qui”
L’annuncio del leader di Centopassi, candidato alle primarie del centrosinistra per la corsa alla presidenza della Regione
“Mi fermo qui. Dopo trent’anni di impegno politico mi chiamo fuori. La sconfitta elettorale non c’entra: c’entra la vita. Che ti propone un tempo per tutto: basta essere capaci di ascoltarla”. Così ha annunciato nella giornata di ieri, 26 settembre, Claudio Fava, leader di Cento Passi figlio di Giuseppe Fava, ucciso dalla mafia nel 1984 a Catania.
Negli scorsi mesi aveva abbandonato la presidenza della Commissione regionale antimafia per prendere parte alla corsa alle regionali in Sicilia. Dopo la partecipazione alle primarie della coalizione progressista, che avevano visto la vittoria di Caterina Chinnici, aveva sostenuto la candidatura di quest’ultima.
IL POST SU FACEBOOK
“Mi fermo senza ripianti né recriminazioni”, ha scritto Fava in un post su Facebook intitolato “Game over”. Poi prosegue: “Molto si potrebbe dire e scrivere (e forse, non qui, lo farò) su questa campagna elettorale noiosa e reticente, sulle scelleratezze di un partito democratico che in Sicilia preferisce sempre perdere pur di non rinunciare ai propri minuscoli califfati, su una candidata alla presidenza votata al silenzio (non spendere una sola parola sulle macerie ereditate si chiama silenzio, non “sobrietà istituzionale”). Ma anche sulle nostre storie a sinistra scritte sempre in punta di diffidenza, di divisione, di purezza della razza, presunzione, ostilità… Ma il punto, ripeto, non è l’esito di queste elezioni: è la vita che mi sollecita altro, e io le voglio offrire altro”.
“RAPPORTO FATICOSO CON LA SICILIA”
“C’entra anche, lo dico per onestà il mio rapporto faticoso con questa terra – prosegue Fava -. Da quando ho trent’anni ho trascorso il mio tempo a seppellire morti e a cercare nella Sicilia una capacità di verità, di reciproca appartenenza, di condivisione nelle parole, nei gesti, nei dolori, nelle allegrie. A volte ci sono riuscito, a volte no. Adesso è tempo di altre parole e di altri siciliani. È il tempo di quelli che hanno metà dei nostri anni. Che non hanno nessun morto da seppellire. Che provano rabbia, dolore ma anche curiosità e passione. Che non vogliono diventare anch’essi piccoli califfi d’un partitino. Che scelgono con cura le parole, prima di usarle. Ne conosco molte e molti. Fanno mestieri degni, insegnano, studiano, cercano. Sono sicuro che faranno bene”.
“Non servono più parole. Non le mie: le porto altrove, in luoghi e cammini dell’esistenza dove si può far politica anche ascoltando, guardando, sillabando, ricordando, scrivendo – conclude Fava -. E soprattutto vivendo”.
Foto da Facebook Claudio Fava
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