Spot Red Bull, i due palermitani che lo hanno ideato: “Adesso parliamo noi”

Un sogno nato nel cuore di Palermo, esattamente in uno studio di Corso Vittorio Emanuele: gli ideatori dello spot Red Bull raccontano il backstage e le curiosità

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Lo spot Red Bull, con l’auto di Formula 1 guidata da Verstappen che sfreccia per le vie di Palermo, ha fatto il giro del mondo. Sono milioni le visualizzazioni che il contenuto firmato Just Maria conta a pochi giorni dalla sua pubblicazione. La video company, nata alle pendici di Monte Pellegrino nel 2017, ha preso vita dalla volontà, dalla passione e dall’incoscienza dei suoi fondatori e direttori creativi: Alessandro Albanese e Carlo Loforti.

Spot Red Bull, la lettera degli ideatori

Sono loro che attraverso una lettera alla città parlano della nascita del progetto con tono confidenziale. “Ciao Palermo! Come va? Alti e bassi come sempre? Sì, anche noi. Come tutti – scrivono Albanese e Loforti -. Te ne sei andata in giro in questi giorni, eh! Sei arrivata ovunque. Ti sei messa un bel vestito – dicono – e sei andata a fare pubbliche relazioni in giro per il mondo. Che ne dici di fare due chiacchiere da soli, adesso?”.

“Ciao Palermo, Monza is calling” nelle loro parole si configura come un sogno nato nel cuore della città. “Forse non lo sai – si legge nella lettera – ma l’idea di portare una monoposto di F1 tra le tue strade non è stata partorita nel grattacielo di un ufficio marketing o pubblicitario di New York, ma ha visto la luce nel nostro vecchio studio, in Corso Vittorio Emanuele. No, non di Milano… Corso Vittorio Emanuele di Palermo, terzo piano senza ascensore”.

La sfida

“Ogni paio d’anni Red Bull ci coinvolge in una gara che è il sogno di qualsiasi creativo: proporre idee fuori dal comune per delle attivazioni globali del brand, a partire da alcune aree di interesse geografico e tematiche dello stesso (musica, motori, calcio, etc etc)”, raccontano i fondatori di Just Maria . “Nel 2020 abbiamo proposto fra le altre, l’idea di realizzare una filming run che coinvolgesse te e la monoposto di F1. Sì, proprio te: la città da cui da giovani siamo fuggiti, la città che da adulti stiamo cercando di meritarci. Sembrava una di quelle cose che tu presenti l’idea e poi non se ne fa niente. Accade spesso nel nostro lavoro. Insomma, sembrava impossibile che potesse capitare a noi, sembrava impossibile portare una macchina di F1 fra le putìe di Ballarò, sotto le palme del Foro Italico o a fare i testacoda a Piazza Villena… E invece è successo: il progetto ha visto la luce qualche giorno fa con il titolo ‘Ciao Palermo, Monza is calling!’”.

15 mesi di gestazione, 4 giorni di riprese

Un sogno che per diventare realtà ha richiesto impegno e cura dei dettagli. Tutto, dall’ideazione alla produzione, dalla direzione creativa alla regia, dal montaggio alla sceneggiatura, è stato curato da Just Maria. Ad affiancarla, per la parte di logistica, la società romana CC&Partners.

Gli ideatori dello spot continuano a raccontare, rivolgendosi alla città. “Lavorare con una macchina di F1 è molto complesso: nessuno di noi ne aveva mai vista una, ad esempio; ci vogliono circa 85 minuti per metterla in moto, non ha una retromarcia, non passa inosservata, il suo rumore è letteralmente assordante, non può andare a un’andatura troppo lenta e se fa caldo (e tu a giugno sai farne, di caldo) c’è il rischio che si spenga, e altre cose così. La gestazione del progetto, dalla presentazione della prima idea al cliente all’online, è stata di circa 15 mesi”.

Quattro le giornate di riprese in tutto. “Tecnicamente non è uno spot, come spesso è stato definito. È un’attivazione di un brand su un territorio, esplosa attraverso una creatività video. Creatività che, secondo noi, ha tre co-protagonisti: tu (Palermo ndr), la monoposto e una sorta di voyeurismo. Voyeurismo per la bellezza di un luogo, e per il mondo dei motori. Più che uno spot, noi la vediamo come una sfilata diffusa in diversi quartieri della città, con un’unica modella/o sulla passerella”.

Elogio della bellezza

Albanese e Loforti rispondono anche ad alcune delle critiche mosse. “Per quel che può servire, vorrei spiegarti che non era nostro obiettivo né di Red Bull approfondire attraverso questo contenuto le criticità che da anni ti attanagliano, anzi. La nostra stella polare era piuttosto lavorare su scala globale e rendere ciò che della tua bellezza è altamente riconoscibile e unico… ulteriormente riconoscibile e unico. Come? Portando all’eccesso l’aspetto visivo per renderlo ‘disruptive’, come direbbero nel nostro campo. E ancora, cercando di creare un’immagine indelebile nella memoria dello spettatore, un’immagine di te e del brand, la cui scelta è ovviamente a discrezione di chi guarda: per qualcuno quell’immagine sarà l’auto che sfreccia di fronte alla Cattedrale, per qualcun altro il burnout ai Quattro Canti, per un altro ancora la reazione di un palermitano o Max Verstappen che attraversa La Favorita definendola ‘foresta’”.

“Un’occasione per riflettere”

Sarà il tempo a dire se l’obiettivo è stato raggiunto. Tuttavia, gli ideatori del filmato si ritengono già soddisfatti. “Nel frattempo, abbiamo un buon sentore: che il video piaccia o non piaccia, divida o unisca, è
stato un’occasione per riflettere. Abbiamo letto e ascoltato interessanti considerazioni su immaginario, architettura urbana, estetica; “Ciao Palermo” ha stimolato conversazioni. Sei siamo soddisfatti? Abbiamo fatto del nostro meglio, quindi sì“.

Il progetto ha richiesto uno sforzo comunicativo, affinché lo spot divenisse globalmente fruibile. “Fare del proprio meglio quando si lavora con un brand, ha però un’accezione particolare. Sì, avremmo raccontato anche altre sfumature del nostro amore per te che non sono finite nel video. Abbiamo però lottato su ogni singolo dettaglio, spingendoci fin dove potevamo per portare la nostra visione – ovviamente condizionata dall’essere palermitani – a trovare una forma di coerenza con necessità di comunicazione globali per forza di cose diverse da chi vive e conosce fino in fondo un contesto. Quando ripensiamo al fatto di aver inciso delle parole in dialetto palermitano per accompagnarle alle note di Barcarolle di Offenbach, o al burnout con i petali di rosa ai Quattro Canti, il nostro cuore si riempie di orgoglio e ci diciamo che forse non è andata tanto male”.

“Ciao Palermo”

Alessandro Albanese e Carlo Loforti chiudono il loro testo partendo dall’inizio, cioè dal titolo. “Quel titolo, quel ‘Ciao Palermo’ che abbiamo utilizzato anche all’inizio di questa lettera, ha per noi una funzione meramente narrativa, di fiction: noi due, e così tutta Just Maria, non abbiamo nessuna intenzione di dirti ciao. Resteremo qui, a tirarti le orecchie se sbagli e a fare del nostro meglio per meritarti. Come tutti”.

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