Da giorni gli incrementi dei ricoveri nei reparti ordinari e nelle terapie intensive riportati dai bollettini giornalieri, spingono alcune regioni verso l’arancione a partire da lunedì prossimo. L’ufficializzazione di questo cambio di colore dovrebbe arrivare oggi: nelle previsioni il ministro della Salute Roberto Speranza dovrebbe firmare il passaggio da giallo ad arancione per Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Abruzzo e Sicilia. Questo stando ai numeri. Ma c’è qualche elemento che induce a sperare che per l’Isola possa essere evitato il cambio di colore. Soprattutto le parole dette ieri, in video conferenza, dal governatore Nello Musumeci ai cronisti, riportate dall’Ansa: «Zona arancione vicina? Spero di no, i dati al momento sono dalla nostra parte. Però ogni giorno la situazione può mutare anche nello spazio di qualche ora. Dobbiamo continuare a essere prudenti, sta aumentando il numero delle prime e delle terze dosi».
Tenendo conto dell’affermazione di Musumeci, è lecito dubitare. Anche se i dati comunicati ogni giorno dalla Regione al ministero della Salute siano da quattro giorni stabilmente penalizzanti. Hanno indicato costantemente che in terapia intensiva ci sono stati 170 posti occupati sugli 840 disponibili. Certificando quindi un tasso di occupazione al 20,2%, superiore alla soglia minima fissata da Roma per non finire in arancione. Infatti è stato precisato che per il cambio di colore basta solo uno 0,1% in più. E allora? È sicuro l’arancione? No, perché c’è uno spiraglio, dato che è ancor in ballo la ragionevole ipotesi, caldeggiata dalle Regioni, di non considerare più nella misurazione della pressione ospedaliera gli asintomatici positivi ricoverati per altre patologie. Se venisse accolta, si verificherebbe una consistente sforbiciata a quel tasso di occupazione del 20,2%. Che lascerebbe la Sicilia in giallo, come sperato da Musumeci.